Anche nella giornata di ieri (e, da quanto è dato vedere, quando ormai manca poco alla chiusura degli indici del Far East) i mercati hanno dato segnali di tonicità.
Come quasi sempre succede, molteplici sono le motivazioni, alcune squisitamente tecniche, altre legate all’andamento del conflitto, e quindi agli impatti più o meno pesanti (e più o meno lunghi) che potranno avere sull’economia e sulle nostre abitudini di vita. Certamente anche questa volta, se non altro perché la percezione dominante nella popolazione europea sta a indicare un pericolo ben maggiore rispetto ad altre guerre (le guerre sono sempre brutte, però, quando si manifestano sull’uscio di casa lo diventano ancora di più: diventando “tangibili”, non possiamo voltare lo sguardo o fare finta di niente. Senza contare, poi, il “potere della comunicazione”: oramai da 1 mese i telegiornali non fanno che ripetere e mostrarci immagini di devastazione, di bambini costretti a vivere come mai vorremmo far vivere i nostri figli e i nostri nipoti, di milioni di persone – a ieri oltre 3,5ML – in fuga, senza più nulla), il conflitto sarà causa di cambiamenti.
Ma andiamo con ordine.
Relativamente agli aspetti tecnici, i mercati, intendendo come tali gli indici azionari, stanno reagendo alla caduta nei primi giorni dell’invasione in quanto, come, almeno parzialmente, scritto ieri, stiamo assistendo ad un riposizionamento degli asset: la perdita di valore della parte azionaria nei portafogli ha causato uno “squilibrio” che gli asset manager stanno giorno dopo giorno sistemando, vendendo la componente obbligazionaria (un altro motivo che porta i bond a perdere valore, contribuendo a far alzare, conseguentemente, lo yield (rendimento, non a caso ieri il Treasury è arrivato al 2,41% – va detto, peraltro, che non è l’unico motivo per cui i rendimenti stanno crescendo: politica monetaria delle Banche Centrali docet) e, di contro, acquistando equity.
Altro fattore “contributivo” al rialzo dei mercati la liquidità presente nei portafogli dei Fondi: si calcola che sia pari al 5,9% del patrimonio complessivo. Una cifra enorme, pari a quella toccata nell’aprile 2020 (dopo il fuggi fuggi provocato dallo scoppio della pandemia) e addirittura superiore a quella del 2008, nel pieno della crisi sub-prime di Lehman Brothers. Liquidità che, evidentemente, non è destinata a rimanere “in ghiaccio”, ma che sta solo aspettando il momento opportuno per “entrare in circolo”. Ovviamente, questa è la versione (che va per la maggiore peraltro) del “bicchiere mezzo pieno”. Agli antipodi c’è il “bicchiere mezzo vuoto”: meglio stare alla finestra e fare passare la “buriana”, questa l’altra versione (una minoranza rispetto alla precedente).
Ma i mercati, ovviamente, non sono “governati” solo dai tecnicismi: anzi, spesso i “tecnicismi” sono la conseguenza di come analisti e investitori “vedono” il futuro, e delle strategie conseguenti che decidono di attuare.
Nel caso specifico, la speranza (per non dire la convinzione) è che si arrivi in tempi non lontani se non alla pace almeno ad un cessate il fuoco e a una tregua. Come nel caso della nazionale (quando ci si avvicina ai mondiali o qualche manifestazione importante diventiamo tutti allenatori), così con la guerra ucraina siamo diventati esperti militari e di geo-politica…qualche certezza, comunque, è emersa:
- “fronte occidentale” mai così unito;
- Putin mai così isolato;
- Sottovalutazione quasi dilettantesca da parte russa delle insidie della guerra;
- Necessità di nuovi interventi (politiche fiscali?) da parte dei Governi.
L’arrivo di Biden domani in Europa in tutta evidenza non è casuale. Oltre a voler evitare un “indebolimento” del fronte (sono noti i vari “distinguo” fera alcuni Paesi membri, soprattutto con la Germania, la nazione più dipendente dalle forniture russe, oltre che quella maggiormente coinvolta da un punto di vista economico, visti i forti investimenti fatti dalle aziende tedesche in quel Paese), probabilmente vuole essere un ulteriore segnale di “sostegno” all’Ucraina, allungando i tempi del conflitto per indebolire l’immagine di Putin. Ogni giorno di conflitto in più, se da una parte è causa di nuovi morti tra la popolazione civile ucraina e di ulteriori distruzioni (città come Mariupol praticamente non esistono più), dall’altra contribuisce ad isolare sempre di più l’autocrate russo a livello internazionale e, cosa non meno importante, potrebbe portare in tempi non lontani ad una sua defenestrazione da parte di una popolazione in cui cominciano ad esserci segnali di dissenso (anche se ad oggi i “sondaggi” – prendendoli ovviamente con le pinze… – attribuiscono a Putin ancora il 60% di pareri favorevoli), come dimostrano le manifestazioni e alcuni segnali all’interno dell’esercito (tra l’altro comincerebbero ad esserci alcune diserzioni).
Come sempre i mercati “fiutano” la situazione, cercando di “anticipare” il momento in cui si potrà ciò che oggi è solo stimato.
Già si inizia a parlare, per esempio, di un Piano Marshall per l’Ucraina, il che significherebbe investimenti miliardari per i Paesi dell’Unione Europea (principalmente), ma anche pe gli USA: in tempi in cui tutte le discussioni e gli incontri degli organismi monetari e finanziari, oltre che dei Governi, ruotano intorno alla diminuzione, neanche così modesta, del PIL, la possibilità di nuovi investimenti e di nuovo lavoro diventa ancora più fondamentale. Anche per questo, ancora una volta, la guerra può trasformarsi in un’opportunità per l’economia.
Come detto, mercati dell’estremo Oriente quasi euforici.
Nikkei + 3%, Shanghai + 0,34%. Hong Kong + 0,80% (però indice tech + 2%): a pesare sul listino le notizie provenienti da Evergrande. La più grande società di sviluppo immobiliare cinese, infatti, ha comunicato che al momento non presenterà il bilancio nei tempi previsti. Il titolo, per ora, rimane quindi sospeso dalle contrattazioni.
Giornata molto positiva ieri per Wall Street, con il Nasdaq che ha chiuso a quasi + 2%.
Questa mattina futures mediamente positivi ovunque.
Petrolio in leggero recupero dopo il sali-scendi di ieri: questa mattina il WTI fa + 0,53%, a $ 109,98.
Gas naturale a $ 5,137 (- 1,14%).
Oro a $ 1.920, – 0,12%.
Staziona a 150 bp lo spread: il rendimento del BTP, invece, ha superato il 2%. La causa va ricercata nell’aumento del rendimento del bund, che ha superato lo 0,50%.
Treasury, come detto, a 2,41%, spinto dalle vendite che hanno depresso le quotazioni.
€/$ a 1,1024, appena sopra i valori di ieri.
Bitcoin a $ 42.170, sui valori di ieri.
Ps: dopo Eriksen, un altro grande atleta ha rischiato la vita. Sonny Colbrelli, dominatore l’anno scorso di una Parigi-Roubaix a dir poco epica, lunedì, dopo essere arrivato 2° allo sprint nella 1° tappa del Giro di Catalogna, è crollato a terra a causa di un arresto cardiaco, perdendo conoscenza, e solo il pronto intervento dei medici con un defibrillatore ha evitato il peggio. Ovviamente la sua stagione è già finita, ma, soprattutto, rischia di finire al sua carriera.