Direttore: Alessandro Plateroti

Per raccontare il “qui e ora”, Gianni Minà, uno dei più noti commentatori sportivi degli anni 80, “prestato” poi anche ad analisi sociologiche, a conferma di come sport e sociologia siano strettamente collegati, era solito dire “è il bello della diretta”. Facendo propria quella affermazione, possiamo essere certi che, al di là di numeri, analisi, processi, da ieri è iniziata una “diretta” che ci accompagnerà per settimane. Almeno sino alla nascita del nuovo Governo, con tempi che potrebbero essere più celeri del previsto, in considerazione dell’intenzione del Presidente Mattarella di non perdere tempo, dando il via alle consultazioni già il 17 o il 18 ottobre, immediatamente dopo la 1° convocazione del nuovo Parlamento, fissata per il 13 ottobre, non passerà giorno in cui non ascolteremo indicazioni di programmi di governo, di ipotesi di candidati ad un ministero piuttosto che ad un altro, di messaggi più o meno diretti rivolti all’Europa e ai Paesi membri, per non parlare di quelli tra le varie forze politiche, sia appartenenti allo stesso schieramento, come a voler “segnare il territorio”, come già abbiamo assistito ieri, che, ovviamente, tra schieramenti opposti.

Intanto la giornata di ieri conferma come i mercati e gli operatori siano, nei nostri confronti, in una fase “attendista”, con il MIB in leggera crescita (+ 0,67%, peraltro il migliore in Europa), mentre lo spread è leggermente salito, passato da 236 bp a 242 bp. I mercati finanziari, verrebbe da dire, non hanno pregiudizi: per loro ciò che conta non è tanto il “colore” del Governo quanto, piuttosto, la sua capacità di affrontare i problemi e le soluzioni proposte.

Quanto sta succedendo in Gran Bretagna potrebbe essere, per il Governo nascente e per chi sarà chiamato a guidarlo, un buon precedente, in grado di far comprendere come ragionano e cosa si aspettano da una classe politica. Come noto, oltre Manica da poco più di 2 settimane è in carica un nuovo esecutivo, presieduto da Liz Truss, conservatrice, succeduta al Premier uscente dimissionario (anzi, sarebbe il caso di dire “dimissionato” dal proprio stesso partito) Boris Johnson. Venerdì, il nuovo Governo, per bocca del Cancelliere dello Scacchiere (l’equivalente del nostro Ministro del Tesoro e delle Finanze) Kwasi Kwarteng, ha presentato la più grande misura di taglio alle tasse da 50 anni a questa parte, nel tentativo di dare ulteriore impulso all’economia del Regno Unito. Va detto, ad onor del vero, che, se si parla di occupazione, la situazione non è certo quella di un’economia in crisi, con un livello di disoccupazione praticamente ai minimi storici (3,6%). Diverso se si affronta il tema inflazione: al pari della maggior parte dei Paesi europei, anche la Gran Bretagna si trova nella morsa dei prezzi, con un aumento medio del 10%, superiore alla media europea. La misura varata (che peraltro pare rivolta a favorire soprattutto le classi più abbienti, a partite da 150.000 sterline di reddito annuo) è stata, invece, accolta dai mercati in maniera molto negativa. La prima domanda che si sono posti è dove verranno reperite le coperture: in una fase economica in cui la Bank of England è impegnata, come la stragrande maggioranza delle Banche Centrali, a contenere il rialzo dei prezzi, aumentando i tassi (l’ultimo la settimana scorsa, portandoli al 2,25%) e, contemporaneamente, vendendo sul mercato una parte dei titoli governativi acquistati negli anni di politica monetaria espansiva, il Governo va nella direzione esattamente opposta, ampliando il debito pubblico (la manovra vale circa 45 MD di sterline). L’altro aspetto riguarda  il tempismo della decisione: ci si domanda, quindi, se la nuova Primo Ministro abbia la preparazione per gestire una fase così delicata e non si limiti ad interventi favoriscano più che altro il proprio elettorato.

Il risultato non si è fatto attendere, con la sterlina che ha toccato i minimi storici verso il $ Usa, arrivando a perdere il 7% in 2 giorni (il crollo giornaliero più rapido dal 1870), con vendite pesanti anche sui titoli governativi, con i rendimenti che sono volati oltre il 4%, livello più alto dal 2010. E con la Bank of England in “allerta rossa”, anche se, per il momento, non si prevedono nuovi interventi al di fuori di quelli già programmati (ma se le cose dovessero procedere così non è escluso che i tassi arrivino al 6% entro la prossima primavera….).

Il messaggio, quindi, appare piuttosto chiaro (a maggior per uno Stato membro UE, come nel nostro caso): in termini di politica economica, i provvedimenti che si vorranno varare dovranno per forza di cose essere “sostenibili”, evitando allargamento del debito, se non addirittura portarlo “fuori controllo”, rispettando, quindi, quei vincoli di bilancio concordati con l’Europa e “certificati” dal Nadef, la “famosa” nota di aggiornamento che proprio in questi giorni Draghi presenterà alla Commissione Europea. E poi rispetto del PNRR, senza il quale i “rubinetti verranno chiusi”, tornato una volta di più al centro dell’attenzione dopo che, in campagna elettorale, si è ripetutamente parlato della possibilità di apportare correzioni.

Altrettanto importante, se non fondamentale, sarà il nome di chi sarà chiamato a guidare il Ministero dell’Economia (Tesoro e Finanze): quello sarà, molto probabilmente, il passaggio cruciale, da cui si comprenderà la “direzione” che l’esecutivo vorrà prendere in quell’ambito. Se, cioè, vorrà attuare politiche “populiste” (un po’ sull’esempio della Gran Bretagna, quindi) o se, invece, vorrà proseguire sulla strada tracciata da Draghi, con i risultati che tutti conosciamo.

Intanto, la “diretta” di oggi ci dice che i mercati asiatici stanno cercando di “rialzare la testa”. I 3 principali indici si apprestano a chiudere la giornata in positivo: a brillare soprattutto Shanghai, in rialzo dell’1,30%, mentre Tokyo si aggira intorno al + 0,56%. Hong Kong, dopo essere stata a lungo negativa, ha svoltato in questi minuti, portandosi oltre la parità.

Futures in forte rialzo ovunque, vicini o oltre l’1%.

Segnali di vita dalle materie prime, tutte in rialzo dopo giorni difficili.

Petrolio che sale di oltre l’1,50%, con il WTI a $ 77,99.

Torna sopra i $ 7 (7,174) il gas naturale Usa (+ 2,04%).

Prende fiato anche l’oro, a $ 1.634 (+ 0,54%).

Soffre un pochino lo spread, a 245 bp: ieri il rendimento del BTP decennale ha toccato il 4,50%.

Treasury Usa a 3,86%, dopo ave toccato anche il 3,93%; biennale a 4,30%, in calo di 5 bp.

Leggero recupero per l’, dopo giorni di calo: questa mattina €/$ a 0,9646.

Rimbalzo del bitcoin che, con un + 8%, torna sopra i $ 20.000 (20.227).

Ps: questa mattina “voliamo alti”, come solo la cultura, forse, ci permette di fare. Herman Melville, l’autore di uno dei libri più famosi al mondo (Moby Dick), aveva una collezioni di libri preziosissima, oltre che, evidentemente, molto importante, che negli anni è passata più volte di mano. La settimana scorsa è stata battuta all’asta al prezzo di $ 2.783.214, ben il 171% del valore attribuito da Christie’s. Insomma, anche investire in cultura può valer la pena….

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ultimo aggiornamento: 27-09-2022


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