Fino ad oggi (o meglio, sino a ieri) tutti (osservatori, analisti, economisti) si sono succeduti nel dire che un embargo energetico totale nei confronti della Russia, sulla falsariga della decisione adottata recentemente dall’Amministrazione USA, da parte della UE, vista la forte dipendenza dalle forniture russe (per il gas si parla di circa il 41% del totale dei consumi europei, con le economie più forti, come Germania e Italia, ai primi posti), sarebbe pressochè impossibile (e forse lo sarebbe ancor di più per l’export russo, senza il quale Putin si troverebbe senza una “cassa” mensile di quasi $ 30MD, indispensabile per mantenere “in piedi” una situazione economica che si fa ogni giorno più precaria, senza contare la necessità di “finanziare” la guerra: cosa che non fa che mettere ancor più in evidenza l’enorme contraddizione in atto, con l’Occidente che, di fatto, si trova a sostenere, per quanto involontariamente, un Governo che vorrebbe esautorare da un momento all’altro).
Le tremende e drammatiche immagini in merito agli eccidi compiuti dai russi nella loro ritirata dai sobborghi di Kiev mette in discussione la scelta, sin qui adottata, di escludere dalle sanzioni le forniture di gas e petrolio. Comincia, infatti, a farsi largo la volontà di rinunciare all’energia russa, anche a costo di razionare i consumi e fermare le fabbriche. Cosa, peraltro, almeno per quanto ci riguarda, dietro l’angolo, con oltre il 46% delle imprese che a giugno rischia di fermarsi: già oggi si calcola che circa il 16% delle aziende ha dovuto rallentare, se non fermare, la propria produzione, mentre un altro 30% è convinta di doverlo fare entro, appunto, il prossimo mese di giugno. Non a caso, infatti, si da per certo che il PIL sarà, per quanto ancora positivo, ben inferiore alle previsioni dei mesi scorsi: il 4,3% (secondo i più ottimisti anche il 4,7%) è ormai un “miraggio”, sostituito da un ben più modesto 1,9%. Secondo la nostra Confindustria, a dire il vero, saremmo, almeno per i primi 2 trimestri dell’anno, già in “recessione tecnica”, vale a dire “crescita zero”.
Lo scenario globale, e quindi non solo per il nostro Paese, è cambiato rapidamente e, soprattutto, continua ad esserlo: fare previsioni, sia da un punto di vista geo-politico che economico, ma anche finanziario, è particolarmente difficile, in considerazione di come gli eventi cambino rapidamente.
Una cosa però è certa: l’inflazione non è mai stata così alta negli ultimi 30-40 anni. E’ di venerdì la notizia che nell’eurozona è balzata al 7,5% dal 5,9% di febbraio (con l’energia in aumento del 44%…). La cosa che preoccupa, oltre al “qui e ora”, sono anche le aspettative per il medio termine: fermo restando che le previsioni a 10 anni danno sotto il target del 2%, quella a 5 anni è “vista” al 2,28%, come confermano gli “inflation rate swaps 5y5y”, quelli che indicano l’inflazione di 5 anni in 5 anni, tornati ai livelli del 2013.
Che il ciclo economico, a livello globale, ne risenta è una conseguenza inevitabile. Se da noi il calo del PIL è piuttosto significativo, non è che nel resto del mondo le cose vadano molto meglio: la Germania, per esempio, da un punto di vista di proiezioni è messa peggio di noi. Gli USA si trovano a fronteggiare un’inflazione che, a differenza della nostra, comincia ad essere “contaminata” dai salari, con la FED già costretta ad intervenire. La Cina si trova a combattere ancora una volta con la pandemia, con diversi grandi centri urbani bloccati da nuovi lockdown (si parla che a Shanghai e zone limitrofe oltre 25 ML di persone saranno nuovamente sottoposte a vaccinazione).
Ma le conseguenze dell’inflazione non si faranno sentire sulle nostre “tasche” per l’aumento dei prezzi e, quindi, per la riduzione dei consumi. Gli impatti finanziari, infatti, saranno piuttosto evidenti per noi italiani, notoriamente tra i popoli più “risparmiosi” al mondo (almeno a livello privato: nel “pubblico” il discorso è praticamente opposto…). Basti pensare che sui conti correnti delle famiglie italiane “giacciono” circa € 1.600 MD di liquidità, remunerata praticamente a zero. I conti, con un’inflazione al 7,5% (media su annuo tra il 5 e il 5,50%), sono presto fatti….
Indici asiatici che iniziano la settimana all’insegna del segno più. Chiusa Shanghai (per festività), Tokyo si appresta a terminare la seduta in territorio appena positivo, mentre Honk Kong sale di oltre il 2%, grazie al forte rialzo del settore tecnologico.
Futures in rialzo su tutte le piazze, dopo un avvio incerto nelle primissime ore della giornata.
Petrolio stabile, con il WTI che rimane “aggrappato” ai $ 100.
Gas naturale a $ 5,759.
In leggera contrazione l’oro, che fa segnare $ 1.922 (- 0,14%).
Lo spread riparte da 151 bp, con il BTP sempre in area 2.15/2,20%.
Treasury a 2,41%: da segnalare il nuovo “sorpasso” del biennale, il cui rendimento si porta a 2,47%.
€/$ a 1,1043, sui livelli di venerdì.
Bitcoin a $ 46.174, in sostanziale parità.
Ps: la Spagna, oltre che per le corride, è nota per i molti successi nello sport, dal calcio al ciclismo alla motoGP al tennis: sarà per il clima mite e l’aria buona…Nel tennis, per esempio, non fa in tempo ad eclissarsi un campione intramontabile come Nadal, recente vincitore dello Slam d’Australia, che ne arriva un altro: a soli 18 anni Carlos Alcaras ha vinto il Torneo di Miami, uno dei più importanti al mondo (anche se non uno dei 4 slam), arrivando così a scavalcare il nostro Sinner nella classifica ATP. E sempre ieri un altro spagnolo, Aleix Espargarò, ha vinto nella motoGP: però, almeno lì, il contributo italiano è stato fondamentale, visto che correva su un’Aprilia…