La tensione commerciale tra gli Stati Uniti e l’Unione Europea continua a crescere nel 2025, con conseguenze significative per il settore agroalimentare italiano. Le recenti tariffe imposte da Washington su acciaio e alluminio hanno innescato una reazione a catena, portando a una risposta della Commissione Europea e a dichiarazioni allarmanti da parte di Giancarlo Giorgetti, ministro dell’Economia. Durante un’interrogazione alla Camera dei Deputati, Giorgetti ha evidenziato come la politica di dazi dell’amministrazione Trump possa danneggiare l’economia italiana e, per estensione, il commercio globale.
Il ministro ha espresso preoccupazione per l’incertezza che circonda le relazioni commerciali, affermando che nessuno può prevedere con certezza gli sviluppi futuri. Ciò che appare certo è che i dazi minacciati dal presidente Trump potrebbero colpire in modo particolare le produzioni italiane più competitive, escludendo le nicchie del lusso.
Un’analisi condotta da Nomisma per Cia-Agricoltori Italiani ha rivelato che, se la guerra commerciale tra Stati Uniti e Unione Europea dovesse proseguire, i prodotti agroalimentari italiani più comuni potrebbero subire gravi danni. Tra questi spicca il pecorino romano, il quale, essendo prevalentemente utilizzato grattugiato, risulta facilmente sostituibile con prodotti alternativi in caso di un aumento significativo dei prezzi.
La situazione si complica ulteriormente con l’eventuale innalzamento delle barriere commerciali nel mercato statunitense. Prodotti come il sidro di mele, oli e aceti si trovano tra i più vulnerabili. Anche i vini DOP di fascia media, come il prosecco, potrebbero risentire della situazione. Secondo l’Unione Italiana Vini, quasi il 98% delle bottiglie italiane è destinato al mercato statunitense, e l’Osservatorio UIV ha registrato un incremento del 20% nel volume delle esportazioni nel bimestre finale del 2024 rispetto all’anno precedente.
Se si considera l’ipotesi di dazi al 25%, il settore vinicolo italiano potrebbe affrontare perdite dirette di circa 470 milioni di euro, escludendo gli effetti indiretti sull’export globale, che potrebbero portare il danno totale a quasi un miliardo di euro. Cristiano Fini, presidente nazionale di Cia, ha sottolineato l’urgenza di un’azione diplomatica per preservare i successi raggiunti nel settore agroalimentare, che ha visto un incremento del 158% nelle esportazioni verso gli Stati Uniti negli ultimi dieci anni.
Francesco Lollobrigida, ministro dell’Agricoltura, ha dichiarato che il governo italiano sostiene ogni iniziativa intrapresa dall’Unione Europea riguardo ai dazi statunitensi. Anche Matteo Salvini, vicepremier e leader della Lega, ha messo in evidenza l’importanza della contrattazione, ricordando come alcuni prodotti, come il vino, siano stati esentati dai dazi in passato.
Stefano Vaccari, capogruppo del Partito Democratico in commissione Agricoltura, ha richiesto la creazione di un piano strategico nazionale per il settore agricolo. Nel frattempo, la cantina Arnaldo Caprai di Montefalco ha già provveduto a trasferire negli Stati Uniti la produzione necessaria per il mercato statunitense fino al primo trimestre del 2026.
L’azienda veneta Pasqua Vini ha scelto di diversificare i propri mercati e posizionarsi nella fascia alta, suggerendo di ripartire eventuali dazi tra produttori, rivenditori e consumatori. Riccardo Cotarella, presidente di Assoenologi, ha affermato che il vino italiano mantiene un forte appeal negli Stati Uniti, paragonabile a quello del Parmigiano, anche se è prevedibile una contrazione dei consumi.
Antonio Tajani, ministro degli Esteri, ha espresso preoccupazione per le notizie riguardanti i dazi, ma ha assicurato che il governo italiano è pronto a proteggere le proprie imprese. In un video pubblicato prima della sua partenza per il G7 Esteri in Canada, ha annunciato un incontro con le imprese previsto per il 21 marzo, durante il quale presenterà le strategie e le proposte del governo per affrontare la situazione.
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