
Il governo italiano ha dovuto fare marcia indietro dopo che la CGIL e il CAAF hanno sollevato preoccupazioni riguardo a un errore nell’applicazione dell’IRPEF. Questo errore ha portato a un prelievo eccessivo dai redditi dei lavoratori dipendenti, che già si trovano tra i più bassi d’Europa, stagnanti dal 2008, come evidenziato dall’Organizzazione Internazionale del Lavoro (ILO).
Intervento correttivo del governo
Nella giornata di ieri, il 5 marzo 2025, Alberto Gusmeroli, responsabile fiscale della Lega, insieme al Ministero dell’Economia, guidato dal collega di partito Giancarlo Giorgetti, ha comunicato un intervento correttivo. Questo intervento, del valore di 250 milioni di euro, si propone di affrontare uno dei problemi derivanti dalla riforma fiscale graduale che il governo Meloni sta cercando di implementare.
Aumento dell’IRPEF per i contribuenti
Il segretario confederale della CGIL, Christian Ferrari, e la presidente del Consorzio Nazionale CAAF della CGIL, Monica Inviglia, hanno dimostrato che i contribuenti avrebbero dovuto affrontare un aumento del pagamento dell’IRPEF che varia da 75 euro a 260 euro nella prossima dichiarazione dei redditi. I contribuenti soggetti all’IRPEF, ad eccezione di coloro che possiedono rendite da capitale o affitti, avrebbero dovuto versare gli acconti per il 2025 e il 2026 basandosi su scaglioni e aliquote precedenti all’ultima riforma, ovvero 23%, 25%, 35% e 43%. Queste aliquote, tuttavia, non sono più in vigore, essendo state ridotte da quattro a tre, e riguardano redditi compresi tra i 15.000 e i 28.000 euro.
Intenti del Ministero dell’Economia
Il Ministero dell’Economia ha specificato che il suo intento era di “sterilizzare” gli effetti delle modifiche all’IRPEF solo in relazione agli acconti dovuti da chi ha redditi aggiuntivi, escludendo la maggior parte dei lavoratori dipendenti e dei pensionati che non sono obbligati a presentare la dichiarazione dei redditi. L’intervento correttivo sarà attuato nei tempi adeguati per evitare ulteriori “aggravi”. Ferrari e Inviglia, soddisfatti per aver tutelato i diritti dei lavoratori, hanno scritto a Giorgetti chiedendo l’abrogazione della norma. Hanno sottolineato che, se le parole si tradurranno in azioni concrete, i salari e le pensioni di milioni di cittadini già colpiti dall’inflazione non subiranno ulteriori riduzioni.
Interpretazioni diverse della situazione
Le interpretazioni di questo episodio sono diverse. Gusmeroli ha descritto la situazione come un “refuso” causato da un mancato coordinamento tra le vecchie e le nuove norme. Al contrario, Ferrari e Inviglia hanno evidenziato che il governo sembrava voler fare cassa attraverso anticipi non dovuti.
Questioni generali sull’IRPEF
Il problema si estende anche a questioni più generali, riguardanti l’uso politico dell’IRPEF. Questa tassa è fondamentale per il finanziamento del taglio del cuneo fiscale, una delle misure chiave del governo Meloni, finanziata in gran parte dall’extragettito IRPEF di 17 miliardi di euro versato dai dipedenti e dai pensionati. La CGIL ha più volte denunciato questa situazione come una “partita di giro”: da un lato, si riducono le tasse, dall’altro si utilizzano i fondi dei lavoratori che dovrebbero trarre beneficio da tali tagli. Inoltre, secondo la CGIL, il passaggio dalla decontribuzione alla fiscalizzazione del taglio del cuneo fiscale penalizza i redditi tra 8.500 e 9.000 euro lordi all’anno, con perdite fino a 1.200 euro all’anno. Le detrazioni fisse per i redditi fino a 32.000 euro e quelle variabili fino a 40.000 euro risultano svantaggiose per chi guadagna meno.