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Fisco e carte prepagate: come funzionano i controlli antievasione

Il mercato delle carte di debito si sta espandendo sempre di più.

Il mercato delle carte di debito si sta espandendo sempre di più: in una società che richiede una trasparenza sempre maggiore dal punto di vista finanziario, tuttavia, si finisce spesso per interrogarsi sul funzionamento dei controlli antievasione e chiedersi se anche le prepagate siano soggette a queste verifiche.

Il fisco e le prepagate

Una varietà così grande di carte prepagate sul mercato, tale da richiedere spesso l’uso di appositi portali come www.carteconti.it/confronta/ per paragonare tra loro le diverse offerte così da scegliere la carta più adatta ai propri bisogni e all’utilizzo che si intende farne, non poteva che richiedere l’attenzione del fisco e dell’Agenzia delle Entrate.

Alcuni infatti pesano di potere usare una carta di debito per farsi addebitare importi più o meno importanti in seguito all’erogazione di prestazioni professionali o alla compravendita continuativa e privata di prodotti vari: in questi casi, di fatto otterrebbero delle entrate in nero, a meno di non dichiararle poi al fisco tramite dichiarazione dei redditi, previa apertura di una Partita Iva. Da qui, la necessità per l’Agenzia delle Entrate di tenere d’occhio anche i movimenti che interessano le carte di credito.

I controlli e le sanzioni per l’evasione fiscale sulle carte di credito

L’assenza di controlli potrebbe talvolta invogliare i privati ad aggirare la dichiarazione dei redditi e lasciare in nero gli importi addebitati sulle prepagate. In realtà, in questi casi, si va incontro a un illecito ben preciso: infatti, se si procede a farsi addebitare i corrispettivi per prestazioni occasionali e vendita di beni sulla carta di credito senza successiva dichiarazione, il tipo di reato è facilmente inquadrabile come evasione fiscale.

È dunque necessario fornire all’Agenzia tutti gli estremi delle carte di credito in proprio possesso; si fa qui riferimento non soltanto a saldo iniziale e finale, ma anche alla giacenza media annuale e ai movimenti totali, in entrata o uscita. In caso di inadempienza, se essa si traduce in evasione, questa può configurarsi come reato amministrativo (al di sotto di certe soglie fissate per legge) o reato penale: si ha, in qualsiasi caso, a che vedere con dichiarazione infedele o dichiarazione omessa.

Nel caso della dichiarazione infedele, il dichiarante non ha riportato nella dichiarazione dei redditi tutte le entrate conseguite: questa fattispecie si configura come reato penale se le tasse evase superano i 150mila euro o se i redditi non dichiarati superano il 10% del totale o, a prescindere, i 3 milioni di euro. Al di sotto di questi livelli, si ha a che fare con un reato amministrativo.

Diverso è il caso della dichiarazione omessa, che consiste proprio nel mancato invio della dichiarazione dei redditi, con conseguente evasione pari o superiore ai 50mila euro. Al di sotto di questa soglia, anche in questo caso si andrà incontro a sanzioni amministrative.

In entrambi i casi, inoltre, il fisco può predisporre il pignoramento della prepagata, che, pur essendo una carta di debito, in questo caso viene esaminata e trattata esattamente come una qualsiasi carta di credito. In relazione ai controlli, infatti, va tenuto presente che il fatto che la carta prepagata non faccia riferimento a un conto corrente specifico non implica che i movimenti effettuati con questo strumento non siano tracciabili: dunque, per l’Agenzia delle entrate è più che possibile effettuare dei controlli – anche retroattivi fino ai cinque anni precedenti – sui movimenti che passano attraverso la banca o la posta, e verificare dunque che transazioni e depositi coincidano con quanto riportato nella dichiarazione dei redditi del titolare.

Il rapporto tra questi istituti di credito e il fisco è ovviamente molto stretto, ed è proprio il flusso di informazioni che dalle poste o dalle banche fluisce all’Agenzia delle entrate che permette a quest’ultima di effettuare tutte le verifiche necessarie sui movimenti che interessano una particolare carta prepagata (indipendentemente dall’IBAN e dall’assenza di conto corrente alle spalle): in tal senso, l’Anagrafe tributaria segnala tutti i movimenti che coinvolgono denaro depositato e movimenti effettuati.

Conclusioni

Procedere lungo la strada verso un sistema più trasparente e pulita è necessario per ridare fiducia ai risparmiatori, nei confronti di istituzioni che devono mantenere il controllo e sentire costantemente il polso dell’economia nazionale. Non si vuole intendere, dunque, che ogni cittadino sia controllato costantemente dall’Agenzia delle Entrate: spesso, infatti, essa tende a trascurare le transazioni minori e le prepagate legate a fondi di poche centinaia di euro; diverso è, ovviamente, il caso di movimenti di più grande entità e depositi più cospicui, che potrebbero essere oggetto di verifiche tramite le banche o le poste presso cui è stata attivata la carta.

Redazione

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