Martedì 11 marzo 2025, i mercati finanziari globali hanno vissuto un drammatico lunedì nero, segnato da cali significativi in tutti i principali indici. La situazione è stata aggravata da una serie di fattori, tra cui l’incertezza economica legata ai dazi imposti dagli Stati Uniti, le preoccupazioni per una possibile recessione americana e la difficoltà dell’Europa nel trovare un rilancio economico.
La settimana è iniziata con un forte scossone per i mercati, con il Nasdaq, l’indice tecnologico statunitense, che ha registrato una perdita del 4%, equivalenti a mille miliardi di dollari di capitalizzazione di mercato. Il crollo è stato in gran parte attribuito al tonfo di Tesla, che ha visto il suo valore scendere del 15% in una sola giornata. Anche il Dow Jones, l’indice di riferimento di Wall Street, ha subito un calo del 2,1%. In Europa, i ribassi sono stati più contenuti: Francoforte ha chiuso con un -1,7%, mentre Londra, Parigi e Milano hanno registrato perdite intorno allo 0,9%. Le chiusure prudenti dei mercati asiatici hanno preannunciato un martedì difficile, con i listini europei che hanno aperto in leggero calo, lasciando intravedere ulteriori difficoltà.
Per comprendere la gravità della situazione attuale, è necessario esaminare il contesto in cui si trovavano i mercati prima di questo crollo. Gli indici erano ai massimi storici, alimentati dall’ottimismo generato dall’elezione di Donald Trump e dai suoi piani di riduzione fiscale per stimolare le imprese. A New York, il S&P 500 e il Dow Jones avevano raggiunto i loro picchi a dicembre, mentre il Nasdaq aveva toccato il massimo a febbraio. Anche le borse europee avevano mostrato performance straordinarie, con il FTSE100 di Londra che aveva segnato un record a gennaio e i listini di Parigi e Francoforte a febbraio. Milano, con l’indice FTSE MIB, aveva raggiunto i livelli più elevati dal novembre 2007. Negli ultimi tre anni, la Borsa Italiana aveva guadagnato oltre il 65%, nonostante l’economia nazionale non mostrasse segni di una ripresa robusta.
Il clima di entusiasmo che aveva caratterizzato i primi giorni dopo l’elezione di Trump sta svanendo. Le decisioni e gli annunci del presidente americano, nei primi cinquanta giorni del suo mandato, hanno generato un clima di incertezza sull’economia globale. I dazi imposti su tutti i principali partner commerciali degli Stati Uniti, accompagnati da decreti immediati e rinvii, suggeriscono un futuro complicato per le aziende coinvolte negli scambi con l’America, oltre a quelle americane che importano beni dal resto del mondo. Durante un’intervista alla Fox, Trump ha persino ipotizzato che gli Stati Uniti potrebbero affrontare una recessione in questa fase di transizione economica.
La debolezza strutturale dell’economia europea si fa sentire in un contesto di mercati internazionali sempre più chiusi. La Banca Centrale Europea, nelle sue previsioni aggiornate il 6 marzo, ha ridotto le stime di crescita per la zona euro, ora fissate allo 0,9% per il 2025 e all’1,2% per il 2026. Il piano di riarmo presentato dalla Commissione Europea mira a rilanciare l’attività economica, specialmente in Germania, colpita duramente dalla crisi del settore automobilistico. Tuttavia, questo processo si presenta complesso. Un’analisi del Financial Times, redatta dall’economista Mohamed El-Erian, evidenzia che il lunedì nero ha avuto un impatto maggiore negli Stati Uniti rispetto all’Europa, suggerendo un possibile riequilibrio della crescita globale. El-Erian delineò uno scenario positivo, che richiede all’Europa di superare la propria inerzia fiscale e alla Cina di affrontare le proprie sfide politiche, mentre l’economia statunitense mostra resilienza nonostante le attuali turbolenze.
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