La tragedia ucraina sta assumendo dimensioni bibliche.
Nessuno, credo, avrebbe potuto immaginare che si potesse arrivare, alle porte della UE, a tanto. Già prima dell’invasione russa, l’Ucraina era tra le nazioni più povere d’Europa, con un PIL pro-capite di poco superiore ai $ 13.000, nonostante il sottosuolo sia ricco di materie prime e tra i primi esportatori al mondo di grano. A soli 11 giorni dall’inizio del conflitto l’economia del Paese è a pezzi. L’avanzata russa è inesorabile e mira ad assumere il controllo, oltre che delle principali città (oramai si combatte anche a Kiev), dei maggiori siti produttivi del Paese, oltre che di città, come Odessa, che consentono lo sbocco sul mar Nero. Per non parlare delle centrali nucleari, come l’attacco a quella di Zaporizhzhia, la più grande d’Europa, nella giornata di venerdì, che ha fatto temere il peggio.
Di fronte a notizie del genere, con migliaia di vittime tra la popolazione civile, praticamente in trappola e con pochissime vie di fuga (anche se i profughi hanno superato il milione e mezzo, ma ricordiamo che parliamo di un Paese di circa 44ML di abitanti), passano in secondo piano, per quanto importanti, i temi macro-economici e finanziari.
Oramai è chiaro che si parla apertamente di un’economia di guerra.
Come in tutte le guerre, i primi ad essere colpiti sono i consumi e, con loro, le banche: in questo caso, poi, bisogna considerare il peso delle sanzioni, che è vero che stanno colpendo molto duramente la Russia, ma che qualche conseguenza ce l’hanno anche sull’economia dell’area UE. Questo il motivo per cui il sistema bancario europeo risulta il settore più penalizzato dal conflitto, con un calo del 25% dal suo inizio (consumi – 23% dal 10 febbraio).
Si calcola che la caduta del PIL russo, per il 2022, dovrebbe essere pari ad almeno il 7%. Non si contano più le aziende che hanno deciso di lasciare il Paese: dopo il gruppo LVHM, che ha annunciato la chiusura dei 124 negozi, ieri American Express e Master Card hanno dichiarato il blocco di tutte le transazioni. E da domani Euroflot non potrà più volare verso l’Europa e tutti quei Paesi che hanno bloccato i propri spazi aerei: sostanzialmente un cittadino russo oggi è bloccato nei propri confini (infatti in quewti giorni si registra un intenso traffico verso la Finlandia).
Diventa sempre più difficile, per un cittadino russo, effettuare acquisti: la “strada” del contante è praticamente l’unica perseguibile. Se non fosse che le code ai bancomat sono sempre più lunghe e il rischio della mancanza di banconote ogni giorno maggiore. Ricordiamo l’impossibilità, per la Banca Centrale russa, di accedere al mercato: solo una minima parte dei $ 630MD di riserve sono nella sua disponibilità. Si stima, infatti, che circa $ 400MD siano depositati all’estero, nei Paesi che hanno deciso il blocco (tra questi anche la Svizzera, che, in via del tutto eccezionale, ha annullato la propria storica neutralità). Motivo che spinge Putin a dichiarare che le sanzioni equivalgono ad una dichiarazione di guerra da parte dell’occidente.
Economia di guerra significa, oltre che crollo dei consumi, aumento delle materie prime. Di quelle energetiche, petrolio e gas, già si è detto: questa mattina il si registra un ulteriore rialzo del petrolio di circa 8 punti, con il WTI che tocca i $ 125 (Brent + 9%, $ 129). Ma sono tutte le materie che continuano a ritoccare il proprio prezzo al rialzo: il grano, a venerdì, era in rialzo, da inizio anno di oltre il 25%. Sorte analoga per altre “soft commodities” (mais, soia), per non parlare di minerali (rame, alluminio, minerali di ferro).
E poi i beni rifugio: l’oro si avvicina sempre più ai $ 2000, livello che non toccava da oltre 2 anni. $ a 1,0892, da 1.010 di venerdì. Il franco svizzero, da par suo, si è portato sulla parità verso €.
Ci si augura che la diplomazia possa tornare protagonista, anche se la via è sempre più stretta: i vari contatti che ci sono stati nel week end (dalla “solita” telefonata di Macron a Putin all’incontro tra il premier Israeliano Bennet avvenuto a Mosca per arrivare al contatto tra Erdogan (rimane ben difficile pensare al dittatore turco nelle vesti di mediatore) non hanno portato nulla di buono, mentre diventano sempre più insistenti le voci sulla “carta” Merkel, forse l’unica in grado di far ragionare il Presidente russo (non dimentichiamo il loro ottimo rapporto quando l’ex cancelliera guidava la Germania, oltre al fatto che parla benissimo il russo e, probabilmente, il “modo di pensare” di Putin).
Lo scenario prelude ad una nuova giornata di passione sui mercati.
Le borse del Far East hanno lasciato (o stanno lasciando) sul terreno perdite consistenti, nell’ordine del 3%: Nikkei a – 2,94%, Hong Kong – 3,45%, Shanghai appena meglio, a – 2,17%.
Futures ovunque in territorio negativo, con perdite superiori al 2,5% nell’area EU, mentre limitano i danni quelli USA, in calo dell’1%.
Petrolio (WTI) a + 8,5%, $ 125,6.
Gas naturale + 0,38%, $ 5.044.
Oro $ 1.990, + 1,14%.
Spread a 162 bp, con il rendimento del BTP appena sotto 1,60%.
In rafforzamento il treasury, alla sorta degli altri beni rifugio.
$ a 1.0883 verso €.
Bitcoin a $ 38.000, in calo del 3,50%.
Ps: seppur faticosamente, la vita prova a continuare. Lo sport, in questo senso, come sempre, ci può essere di aiuto.
Ieri è iniziato il mondiale di Motociclismo. E non poteva iniziare meglio per i nostri colori (e i nostri motori), con 3 vittorie nelle 3 classi. In Moto 3 ha vinto Andrea Migno, mentre in Moto 2 ha dominato Celestino Vietti, che corre per il la V46, il team di Valentino Rossi (ma anche il vincitore della Moto 3 arriva dall’Accademy di “The doctor”). Ma la vittoria più prestigiosa è quella di Enea Bastianini, che corre con la Ducati per il Team Gresini, l’ex campione morto di Covid l’anno scorso.