Il confine tra coraggio e incoscienza (come quello tra capacità e fortuna) a volte è difficile da definire.
Ne abbiamo avuto conferma non più tardi del 20 luglio scorso, quando il Parlamento, per mano di alcune forze politiche che fino a pochi giorni, se non ore, prima giuravano il loro pieno sostegno al Governo, hanno “liquidato” Mario Draghi (anche se, almeno in questo caso, forse sarebbe più corretto parlare di incoscienza…), letteralmente infischiandosene per quanto di buono avesse fatto nell’anno e mezzo in cui ha operato e, ancor di più, delle enormi preoccupazioni che il mondo del lavoro, delle imprese, delle forze sociale e i comuni cittadini hanno manifestato.
I dati di questi giorni ne sono un’ulteriore conferma: nei giorni scorsi quelli sulla crescita, con il PIL che procede ad un ritmo più spedito rispetto alle previsioni, ieri quelli sul lavoro, con percentuali di occupazione che non si vedevano dal 1977, inducono, piuttosto che a gioire, a riflessioni su come sia stato possibile un “ribaltone” del genere.
Probabilmente la riflessione più corretta è che più passava il tempo più veniva messa in luce l’enorme differenza tra una persona “del fare”, per la quale ogni problema aveva, e ha, un nome, e quindi, una volta identificato, andava affrontato e risolto, e chi, invece, dei “problemi” fa l’essenza del proprio essere, limitandosi a citarli e mai a risolverli.
Fatto sta che il nostro Paese, almeno sino al 30/6 (anche i dati sul lavoro fanno riferimento a quella data), sembra essere un Paese “virtuoso”, con ritmi di crescita tra i maggiori al mondo. A fine giugno il numero degli occupati ha superato i 23 milioni (23.070.000), pari al 60,1% della “forza lavoro” (i cittadini con età compresa tra i 15 e i 64 anni), un livello che non vedevamo dal 1977. Il tasso di disoccupazione è rimasto stabile (8,1%), mentre è aumentato quello tra i giovani, salito dell’1,7% al 23,1% (però va considerato che è diminuito dello 0,6% il tasso degli inattivi, vale a dire di coloro che un lavoro non lo cercano neppure). Rimane peraltro elevato il divario rispetto alla media europea: se si considerano i 19 Paesi dell’Eurozona, il tasso di disoccupazione è al 6,6%, che scende addirittura al 6% se consideriamo i 27 Paesi dell’Europa allargata.
Rispetto allo stesso periodo del 2021, è aumentato di oltre 400.000 unità il numero degli occupati tra i dipendenti (18,1 ML), mentre è rimasto praticamente stabile quello dei lavoratori autonomi. I disoccupati sono diminuiti di 321.000 unità, mentre gli inattivi sono scesi di 400.000.
Dati, peraltro, quelli dell’Istat, che forse non esprimono una fotografia precisa della situazione: infatti, non viene preso in considerazione il numero di ore lavorate, forse la vera “cartina di tornasole” che può rappresentare la realtà “vera”. Di certo la “stagionalità” sta contribuendo in modo determinante alla progressione dei numeri, con l’andamento dei flussi turistici che giù a giugno aveva fatto intravedere una crescita piuttosto significativa.
Non è il momento, peraltro, di lasciarsi andare a facili illusioni. A luglio i dati macro delle principali economie dell’eurozona lasciano spazio ad analisi meno positive. A cominciare dagli indici PMI, scesi sotto i 50 punti (il nostro a 48,5, il più basso dell’Eurozona. Nel nostro caso, S&P, la società che ha provveduto alle elaborazioni), ci dice che il calo maggiore è quello avvenuto nella produzione di beni e dalla domanda di nuovi ordini. Senza contare, come ben sappiamo, che il Governo c’è, ma rimane in carica per l’attività “ordinaria” (insomma, quasi come avere un “commissario”, anziché un amministratore delegato, alla guida di un’azienda….).
Questa mattina mattinata difficile per i mercati del Far East. A complicare la vita il viaggio della “speaker” della Camera Usa, Nancy Pelosi, che quasi certamente dovrebbe fare tappa a Taiwan, l’isola che reclama l’indipendenza dalla Cina. Secondo Pechino, quindi, si tratta, se non di una “violazione” dei propri confini, almeno di una forte provocazione, con la conseguenza di alzare prepotentemente le tensioni diplomatiche tra i 2 Paesi, con la minaccia di un intervento armato da parte della potenza orientale.
Tutti gli indici lasciano sul terreno percentuali ben superiori al punto percentuale: Nikkei – 1,42%, Shanghai – 2,06%, Hong Kong – 2,31%.
Deboli anche le altre maggiori borse asiatiche.
Contenute le perdite sui Futures, sotto il mezzo punto percentuale.
Dopo il forte calo di ieri (– 5% circa) petrolio in cerca di stabilità, con il WTI a $ 94,09 (+ 0,12%).
Gas naturale Usa che ritorna sopra i $ 8 (8,194), anche se questa mattina è in calo di circa l’1,3%.
Oro ancora in crescita, a $ 1.782.
Spread a 220 bp: grazie anche all’ottimo andamento del bund, il cui rendimento è sceso allo 0,76% (un mese e mezzo fa era esattamente 100 bp sopra, a 1,76%), il nostro BTP è tornato ad un rendimento sotto il 3% (2,97%), livello che non vedeva da maggio.
Treasury a 2,55%, con i tassi reali quasi a zero.
€/$ a 1.0248.
Continua la debolezza del bitocin, che scende sotto i $ 23.000 (22.865, – 1.5%).
Ps: è deceduta, all’età di 89 anni, l’attrice Nichelle Nichols, nota per aver interpretato la tenente Uhura in Star Trek. La sua interpretazione sull’Enterprise (era il 1968) era diventata, tra la comunità afro-americana, “iconica”, soprattutto quando, un paio di anni dopo, fu protagonista, con il “mitico” Capitano Kir, di uno dei primi baci interraziali nella storia della tv americana. E leggenda vuole che fu addirittura Martin Luther King a chiederle di restare nel cast della serie dopo che aveva minacciato di andarsene, dopo la prima stagione, a causa del ruolo piuttosto marginale che le era stato assegnato.