Cerchiamo di capire cosa s’intende per ravvedimento operoso e perché può essere utile conoscere questa procedura.
Nel groviglio di tasse, imposte e tributi può capitare che il contribuente perda la bussola. In questi casi è bene conoscere tutte le vie di fuga che il fisco mette a disposizione per uscire da situazioni indesiderate. Una di queste, la più importante è nota come ravvedimento operoso. Nella fattispecie si tratta della possibilità, offerta al contribuente, di sanare la propria posizione nei confronti del fisco. Ciò nel caso in cui sussistessero casi di omessi, mancati o parziali versamenti di tributi.
A chi è rivolto
Nel tentativo di indurre i contribuenti a regolarizzare le proprie posizioni spontaneamente, il governo ha reso il ravvedimento operoso meno stringente di quanto non fosse in passato. Se, infatti, prima del 2015 tale possibilità veniva esclusa a tutti coloro i quali avevano già ricevuto notifiche di verifiche o ispezioni tributarie, adesso questo limite non esiste più.
I contribuenti a cui questa misura si rivolge sono tutti coloro i quali hanno omesso, anche in misura parziali, i pagamenti delle principali imposte, quali IRPEF, IVA, IRES, IRAP, ma anche le imposte catastali o ipotecarie.
Come specificato dagli articoli 36-bis del D.P.R. 600/1973, 54-bis del D.P.R. 633/1972, e 36-ter del D.P.R. 600/1973, il ravvedimento operoso non è una strada percorribile ai contribuenti che hanno già ricevuto la notifica di liquidazione e accertamento.
Come sanare la propria posizione
La procedura che i contribuenti “ravvedutisi” devono seguire cambia a seconda dei tributi omessi. Il classico modello F24 riguarda tutte quelle imposte riguardanti il reddito, le imposte sul valore aggiunto, le imposte sostitutive e quelle sugli intrattenimenti. Il modello F24 Elide per tutti i tributi riguardanti gli immobili. Infine il modello F23 per tutti i tributi indiretti.
È opportuno ricordare che non è possibile procedere con il ravvedimento operoso dilazionando i tributi dovuti.