
Il panorama economico di Milano, nel 2025, è in continua evoluzione, e i cambiamenti sono evidenti anche a colpo d’occhio. Passeggiando per le vie della città, si nota una diminuzione dei negozi indipendenti e artigianali, sostituiti da ristoranti e catene commerciali. Nuovi grattacieli, simbolo di banche e società di consulenza, si stagliano nel cielo, mentre edifici storici si trasformano in megastore di lusso.
La crescita economica di Milano
Tra il 2015 e il 2022, l’economia milanese ha registrato una crescita significativa, contribuendo in modo crescente all’economia nazionale. Il valore aggiunto delle imprese con sede a Milano è aumentato da €52 miliardi a €82 miliardi, passando dal 7,3% all’8,2% del totale nazionale. Escludendo il settore energetico, il commercio si conferma il comparto più rilevante, con un incremento dal 40% al 43% del fatturato cittadino. La manifattura, pur rimanendo un pilastro, ha mostrato un lieve calo, mentre le attività professionali, scientifiche e tecniche hanno visto un aumento del loro peso economico.
Tuttavia, questa crescita non ha portato a una distribuzione equa dei benefici. Tra il 2008 e il 2022, il reddito medio è aumentato da €30.554 a €39.039, ma l’inflazione del 26,5% ha comportato una perdita del potere d’acquisto pari al 21%. Coloro che dichiarano un reddito inferiore a €15.000 annui non hanno visto alcun adeguamento, con il reddito nominale medio che è sceso da €7.414 a €6.870. Questo gruppo rappresenta la fascia di reddito più numerosa a Milano, con 320.000 individui nel 2022, ed è stato il più colpito dalla crisi economica.
Disparità nei redditi
Parallelamente, si è assistito a un aumento dei milanesi con redditi elevati. I contribuenti con redditi inferiori a €26.000 sono diminuiti di quasi 100.000 unità, scendendo a circa 540.000 nel 2022, mentre quelli con redditi superiori a questa soglia sono aumentati di oltre 115.000, raggiungendo circa 450.000. Questa polarizzazione economica solleva interrogativi: i redditi sono aumentati o sono cambiati i milanesi? I dati non forniscono risposte definitive, ma è probabile che entrambe le dynamiche siano in atto. Alcuni redditi sono cresciuti, ma anche un numero significativo di persone qualificate ad alto reddito si è trasferito a Milano, mentre molti residenti storici hanno lasciato la città a causa del costo della vita crescente.
Per analizzare le cause di questa trasformazione, il 24 marzo 2025, Dario Di Vico ha condotto un incontro nell’ambito del progetto “Hey Milano, come stai?” presso il Centro Caldara, focalizzandosi su tre settori chiave: l’immobiliare, l’economia del sapere e il turismo di lusso.
L’immobiliare come pilastro della trasformazione
Il settore immobiliare ha rappresentato il fulcro di questa evoluzione economica. Dal 2015, i prezzi delle abitazioni a Milano sono aumentati del 65%, a fronte di un +10% a Torino e un +6% a Roma. Analizzare chi acquista casa aiuta a comprendere questo fenomeno: solo il 66% degli acquisti riguarda la prima casa, il che significa che un terzo delle transazioni è effettuato per scopi di investimento, un dato superiore rispetto alla maggior parte delle altre città italiane. Inoltre, il 12% delle vendite coinvolge immobili nuovi, evidenziando un significativo sviluppo edilizio negli ultimi anni.
Gli investimenti corporate, che comprendono fondi immobiliari e private equity, hanno visto un’impennata dal 2015. Milano, nel 2010, attirava il 29% degli investimenti immobiliari corporate in Italia, cifra salita al 54% nel 2015 e scesa al 45% nel 2024. La maggior parte di questi investimenti è andata a uffici, ma circa un terzo ha riguardato hotel e abitazioni.
La concentrazione di capitale in un’area così limitata ha inevitabilmente portato a un aumento dei prezzi, trasformando l’immobiliare in un asset finanziario piuttosto che un bene residenziale.
L’economia del sapere e le sfide della crescita
Milano ospita anche un’economia del sapere, comprendente università, ricerca e start-up, che potrebbe generare occupazione ben retribuita. Con oltre 210.000 studenti, di cui più della metà fuori sede, la città ha un potenziale significativo. Tuttavia, la capacità di generare innovazione rimane limitata. Il Politecnico di Milano, pur essendo l’università italiana con il maggior numero di brevetti, ha presentato solo 809 brevetti tra il 2000 e il 2020, un numero modesto rispetto ad altre università europee.
I percorsi post-laurea mostrano una crescita nel numero di dottorandi e specializzandi, da 8.270 nel 2014 a 14.486 nel 2022, ma la media salariale rimane bassa, attorno a €17.000 annui, rendendo difficile la vita in una città costosa come Milano. Solo il 60% degli studenti italiani e il 44% degli stranieri laureati al Politecnico rimangono a lavorare in città, ma coloro che rimangono guadagnano mediamente meno rispetto a chi trova lavoro all’estero.
Milano, quindi, ha difficoltà a posizionarsi come polo dell’innovazione, con soli 500 milioni di euro di investimenti raccolti dalle start-up nel 2024, un dato modesto rispetto ad altre città europee.
Il turismo di lusso in espansione
Infine, il settore turistico ha visto una crescita esponenziale. Gli arrivi in città sono quasi raddoppiati, passando da 3,4 milioni nel 2008 a 6,2 milioni nel 2023, con un forte incremento dei turisti internazionali. Una crescente percentuale di visitatori sceglie di alloggiare in case private, con le notti prenotate su Airbnb che sono passate dal 4% al 36% del totale.
Il turismo di lusso ha visto un notevole sviluppo, con un aumento del 56% degli hotel a 5 stelle negli ultimi dieci anni. Questo trend ha portato a un incremento dei prezzi, creando una netta distinzione tra chi beneficia di queste opportunità e chi ne è escluso. La crescita del turismo di lusso genera rendite per pochi, mentre i costi della vita aumentano per i residenti.
Milano, dunque, si trova di fronte a una realtà economica polarizzata, in cui chi possiede immobili e capitale ha visto crescere la propria ricchezza, mentre chi vive di stipendio affronta crescenti difficoltà. Le dynamiche di globalizzazione e finanziarizzazione hanno favorito settori ad alta concentrazione di capitale, come l’immobiliare e il turismo di lusso, a discapito di quelli legati al lavoro e alla produzione diffusa.
La necessità di un ripensamento del modello di sviluppo cittadino è evidente. Chi ambisce a governare Milano deve considerare questi dati e riflettere su come invertire il rapporto tra rendite e lavoro, per garantire che Milano torni a essere una città in cui il lavoro genera benessere e i milanesi possano tornare a essere protagonisti della loro vita economica.