Direttore: Alessandro Plateroti

Con l’espressione “capitalizzazione integrale” si intende, nella gestione finanziaria degli istituti di previdenza, si intende quando tutti gli impegni dell’istituto di previdenza stesso detti liabilites vengono coperti dal patrimonio di previdenza prendendo in considerazione solo quello degli assicurati e dei beneficiari esistente secondo prestazioni esigibili dai beneficiari stessi.

Tuttavia la capitalizzazione integrale coinvolge anche i titoli obbligazionari quando si parla di economia e finanza. Vediamo dunque di comprendere il significato mediante questa semplice guida.

Capitalizzazione integrale negli istituti di previdenza

La capitalizzazione integrale trova applicazione nella gestione finanziaria degli istituti di previdenza. Con tale espressione si indica che tutti gli impegni dello stesso istituto, definiti come liabilites, devono essere coperti e assolti da quello che è il patrimonio di previdenza o assets, prendendo in considerazione solo l’effettivo patrimonio dei beneficiari e degli assicurati: questo avviene per garantire agli stessi che le prestazioni richieste possano essere effettuabili poiché esigibili dal beneficiario secondo il principio del bilancio di cassa chiusa.

Tuttavia gli istituti di previdenza possono impiegare differenti sistemi di gestione finanziaria quando si prendono in esame i sistemi pensionistici obbligatori: qualora gestiscano infatti sistemi pensionistici senza patrimonio di previdenza, ovvero che non mettono in atto il principio della capitalizzazione integrale, in questo caso i titoli obbligazionari saranno coperti dalle entrate correnti (principio di cassa) e non, al contrario, da quello che è il patrimonio di previdenza determinato dai contributi obbligatori richiesti dalle  assicurazioni obbligatorie.

Qualora invece gli istituti di previdenza gestiscano un sistema pensionistico pubblico avvalendosi in questo caso del principio della capitalizzazione integrale, le obbligazioni sia nei confronti dei pensionati che dei beneficiari attivi, risultano al contrario coperte dal patrimonio di previdenza e quindi di conseguenza esigibili.

In Italia gli enti previdenziali regolamentati secondo il D.Lgs. 103/1996 tendono a non rispettare né il principio della capitalizzazione integrale, né il principio del bilancio in cassa chiusa, pur applicando fin dalla nascita la metodologia di calcolo contributivo a capitalizzazione simulata basata sulla crescita mentre al contrario presso alcuni istituti di previdenza nonché enti di diritto pubblico in Svizzera, la capitalizzazione integrale viene applicata regolarmente. Tuttavia per il nostro Paese di riferimento resta in vigore l’obbligatorietà dell’applicazione della stessa capitalizzazione integrale Il principio della capitalizzazione integrale è invece obbligatorio per tutti quei fondi pensionistici costituiti dai versamenti effettuati dagli aderenti volontari.

Capitalizzazione integrale obbligazioni
Fonte Immagini: https://pixabay.com/it/su-crescita-successo-arrow-grafico-2081170/

Capitalizzazione integrale obbligazioni

Quando si parla di capitalizzazione integrale entrano in gioco anche i titoli obbligazionari. Le obbligazioni a capitalizzazione integrale sono infatti titoli privi di cedole, il cui rendimento è costituito dalla differenza tra il prezzo di emissione o di acquisto e il relativo valore di rimborso.

Di fatto si tratta di obbligazioni zero coupon ovvero di particolari titoli di credito emessi a sconto, ovvero ad un prezzo inferiore al valore nominale e che appunto non danno origine a cedole per l’intero corso della loro durata. Il rendimento percepito dal possessore di obbligazioni a capitalizzazione integrale è dato dal cosiddetto scarto di emissione, ovvero la differenza tra il valore di rimborso alla pari e il prezzo di emissione.

In Italia le obbligazioni zero coupon o a capitalizzazione integrale maggiormente diffuse sono i CTZ o Certificati del Tesoro Zero Coupon e i Buoni Ordinari del Tesoro o BOT. Tale tipologia di obbligazione assicura al sottoscrittore, un investimento concreto per tutto il periodo in cui il capitale risulta impegnato, senza dover ricorrere al reinvestimento di interessi periodici. Questo avviene poiché gli interessi vengono sottratti al valore nominale del titolo al momento della sua emissione: il semplice calcolo è dato semplicemente sottraendo al valore nominale, il valore attuale degli interessi sulla base di un tasso fisso predefinito. Vediamo di comprendere meglio le obbligazioni a capitalizzazione integrale mediante alcuni semplici esempi.

Esempio di capitalizzazione integrale obbligazionaria

Per determinare il rendimento effettivo di un’obbligazione a capitalizzazione integrale emessa ad esempio il 1 gennaio 2019 al prezzo di 98,75€ con durata 90 giorni, occorre sottrarre al valore 100, l’importo del titolo dividendo successivamente per l’importo del titolo stesso. Tale risultato andrà poi moltiplicato per il valore 360 diviso precedentemente per il numero di giorni di validità del titolo stesso. In questo caso il rendimento su base annua del titolo preso in considerazione corrisponderà al 5,6%.

Per determinare invece il prezzo di emissione di un titolo obbligazionario a tre mesi con valore nominale pari a 100€ e rendimento annuo del 3%: in questo caso i giorni alla scadenza da prendere in considerazione sono 91. Il capitale investito per i BOT corrisponde al prezzo di acquisto mentre gli interessi sono dati dalla differenza tra il valore di rimborso e il prezzo di acquisto stesso.

Occorre quindi che il prezzo di emissione verrà determinato seguendo la seguente formula: 100 : (1 + 3% x 91/365) che origina un prezzo di emissione pari a 99,26€.

Concludendo è pertanto possibile sostenere che la capitalizzazione integrale apporta notevoli benefici all’investitore così come a chi decide di avvalersi degli istituti di previdenza poiché garantisce un rendimento sicuro poiché basato sulla certezza del capitale investito stesso.

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ultimo aggiornamento: 14-02-2019


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