
Sono oltre 4mila i beneficiari del bonus destinato ai genitori separati, divorziati e/o non conviventi, come stabilito dall’INPS. Questa iniziativa offre un sostegno economico a chi si trova in difficoltà, con un reddito che non supera i 8.174 euro. Le richieste pervenute sono state 6.486. L’INPS procederà a erogare gli assegni, che ammontano in media a circa 1.900 euro per ogni richiedente, erogati in un’unica soluzione. Questa cifra è inferiore al limite massimo di 9.600 euro previsto dalla normativa. Il fondo totale stanziato per questa misura è di 10 milioni di euro, di cui verranno utilizzati 8,5 milioni.
L’emergenza epidemiologica e il bonus
La misura è stata introdotta per fornire un aiuto concreto ai genitori che, durante l’emergenza epidemiologica da Covid-19, vivevano con figli minori o maggiorenni con handicap grave e non ricevevano l’assegno di mantenimento a causa dell’inadempienza dell’altro genitore, che può essere un ex coniuge o un ex convivente. Questo sostegno mira a garantire una maggiore stabilità economica per le famiglie in difficoltà, riconoscendo le sfide che molti genitori hanno affrontato durante la pandemia.
Requisiti per accedere al bonus
Per accedere al bonus, è necessario che il richiedente soddisfi specifici criteri. In particolare, il genitore deve avere un reddito IRPEF non superiore a 8.174 euro nelle annualità in cui non ha ricevuto il mantenimento (2020, 2021 e 2022). Inoltre, deve risultare convivente con i figli durante le stesse annualità. Nel caso di figli maggiorenni, questi devono essere riconosciuti come portatori di handicap grave secondo l’articolo 3, comma 3, della legge 104/1992, alla data della mancata percezione dell’assegno di mantenimento.
Tempistiche per la presentazione della domanda
Il periodo per presentare la domanda all’INPS è stato stabilito dal 12 febbraio 2024 al 31 marzo 2024. Per fare richiesta, i genitori dovevano autenticarsi sul portale dell’INPS e utilizzare il servizio specifico “Contributo per genitori separati o divorziati”. Le domande inviate sono state poi esaminate dal Dipartimento per le politiche della famiglia, che ha svolto le necessarie istruttorie per verificare la validità delle richieste.
Il percorso legislativo della misura
Il bonus è stato concepito nel 2021, durante l’emergenza pandemica, e inizialmente inserito nel decreto Sostegni dal governo di Mario Draghi. Tuttavia, il testo originale è stato ritenuto troppo generico, rendendo difficile la sua applicazione. In seguito, la normativa è stata riscritta e inserita in un nuovo decreto fiscale, approvato alla fine del 2021. Tuttavia, l’effettiva distribuzione dei fondi è stata ritardata a causa dell’attesa per un decreto attuativo, che è stato pubblicato solo alla fine del 2022.
Il portale per le domande e la riduzione delle richieste
Il portale per la presentazione delle domande ha aperto solo a febbraio 2024, con una scadenza fissata per il 31 marzo dello stesso anno. Questo ritardo ha portato a una diminuzione delle richieste, che sono arrivate a circa 6mila, un numero significativamente inferiore rispetto alle aspettative iniziali.
Verifica dei requisiti e domande inammissibili
Dopo la chiusura delle domande, l’INPS ha dovuto affrontare il compito di verificare i requisiti di accesso, in particolare la verifica del reddito e della reale perdita di guadagno da parte dell’ex coniuge. Circa 2mila domande non sono state accolte perché ritenute inammissibili. Le motivazioni principali includevano la mancata conferma della riduzione del reddito del coniuge obbligato da parte dell’Agenzia delle Entrate, la mancanza di requisiti di legge e l’assenza del caricamento del titolo abilitante, ossia l’atto del tribunale relativo all’assegno di mantenimento.
Prospettive future per il bonus
L’INPS prevede di attivare nuove finestre per la domanda online se il fondo verrà rifinanziato. La presentazione delle richieste dovrebbe avvenire attraverso il sito dell’INPS o con l’assistenza di un CAF. Tuttavia, non è ancora chiaro se il governo intenda rifinanziare questa misura nei prossimi anni. I ritardi accumulati e il numero limitato di richieste potrebbero far propendere per una decisione negativa in merito al rifinanziamento.