Ogni due anni le maggiori banche europee sono sottoposte allo stress test: di cosa si tratta?
Lo stress test è un concetto molto semplice: è una simulazione delle reazioni di una determinata banca in vari specifici scenari di recessione, con lo scopo di individuare le vulnerabilità della banca e capire come trattarle. Il test è composto sia da misure quantitative che qualitative. In meri termini numerici, si controlla che la banca abbia fondi sufficienti per supportarsi e proteggersi in caso di perdite. Si utilizza il coefficiente di capitale, indice della solidità dell’ente bancario, calcolato a partire dal Common Equity Tier 1 (CET1), ossia il capitale ordinario che la banca preserva per fini prudenziali nella forma più liquida (ad esempio riserve e azioni ordinarie).
Gli scenari avversi e gli shock
In termini di modalità, la banca viene messa alla prova considerando diversi scenari. Il primo scenario considerato è quello base, che rappresenta una previsione di come si svolgeranno gli eventi in mancanza di shock. Gli altri sono i cosiddetti scenari avversi, intenzionati a testare le performance della banca in caso di netto peggioramento dell’economia reale. Gli shock considerati cambiano ad ogni ciclo di stress test, tuttavia i più comuni comprendono una rapida discesa del PIL nazionale, una situazione di difficoltà nel mercato immobiliare, o un alto tasso di disoccupazione. Le caratteristiche degli scenari vengono stabilite dall’European Systemic Risk Board (ESRB).
È interessante notare che è la banca stessa a testare gli scenari nei suoi libri contabili, mentre la BCE monitora i risultati attraverso il meccanismo unico di vigilanza. Tuttavia, l’intero processo vede coinvolti anche il Comitato europeo per il rischio sistemico (CERS) e la Commissione Europea, coordinati dell’Autorità Bancaria Europea (EBA).
Il Quinto stress test nel 2020
Nel 2020 verrà condotto il quinto stress test, seguendo le medesime procedure definite nel 2016 e 2018. I dati considerati si riferiscono a fine 2019 e saranno proiettati su un periodo di tre anni, seguendo il principio del “bilancio statico” (cioè assumendo che la banca non compia nessuna azione). I risultati non saranno una promozione o una bocciatura, ma entreranno nel quadro generale di giudizio della banca: verranno inseriti nel dialogo di vigilanza e serviranno come punto di partenza per determinare i requisiti di capitale aggiuntivi.