La multa monstre comminata dalla Commissione Europea ai danni del colosso statunitense è stata annullata. Come questo avvenimento influirà sul futuro?
Nel corso della sua, quasi, trentennale storia, Google è stato coinvolto in molteplici occasioni in controversie legali. Basti pensare che l’ufficio legale della società si è esteso da 100 avvocati nei primi anni di attività, a circa 400 avvocati nel corso dell’ultimo decennio.
Come ad esempio, la disputa che trascinò la Commissione europea e il colosso di Menlo Park l’una contro l’altro, a seguito della decisione da parte dell’organismo sovrannazionale di infliggere a Google una multa pari a 1,49 miliardi di euro.
La CE accusò l’azienda californiana di abuso di posizione dominante nel mercato della pubblicità online. Questo perché, a seguito di analisi dei contratti stipulati tra vari siti online e lo stesso Google, tali accordi includevano clausole restrittive volte ad azzerare la concorrenza.
Nello specifico, l’azienda informatica avrebbe vietato ai siti terzi di mostrare, sulle proprie pagine, i risultati di ricerca di annunci pubblicitari prodotti da servizi concorrenti di AdSense. Successivamente avrebbe, addirittura, imposto a tali siti di riservare lo spazio più redditizio delle loro pagine Web ai risultati pubblicitari Google, impendendo così ai concorrenti di inserire i propri messaggi pubblicitari.
Che cos’è e come funziona AdSense?
AdSense, come si legge dalla descrizione offerta da Google, rappresenta un modo semplice e gratuito per guadagnare, mostrando annunci accanto ai contenuti online. Il funzionamento della piattaforma, passa attraverso l’abbinamento, in base al target dei visitatori e ai contenuti pubblicati, di annunci specifici sui siti web. Questi annunci vengono retribuiti direttamente dagli inserzionisti che, attraverso AdSense, mirano a promuovere i loro prodotti.
A partire dal 2003, Google gestisce la piattaforma. Grazie al servizio di intermediazione pubblicitaria noto come AdSense for Search, gli editori hanno la possibilità di ricevere ricavi per la visualizzazione di annunci. Ma a segnalare la presenza di clausole limitanti ed ‘asfissianti’, erano state diverse imprese come Expedia e Microsoft, che hanno, poi, provveduto ad inviare le opportune segnalazioni proprio alla Commissione Europea.
A cinque anni di distanza, ecco arrivare il contrordine
Il Tribunale dell’Unione Europea ha annullato la decisione presa dalla Commissione nel 2019. Il motivo di tale rivoluzione di scenario, come spiegato dagli stessi giudici in sentenza, è, in sostanza, aver sbagliato la maniera di condurre le opportune verifiche. Parlando più specificamente, la Commissione europea avrebbe commesso errori nella valutazione della durata delle clausole in questione, nonché del mercato che queste coprivano. L’impianto accusatorio non risulta sostenibile e il Tribunale ritiene che la CE non sia stata in grado di dimostrare che le clausole prese in esame fossero tali da scoraggiare gli editori a rivolgersi dai concorrenti di Google.
Se l’esito della questione è stato indubbiamente favorevole al colosso informatico, non è da escludere la possibilità di ricorso della Commissione dinanzi alla Corte di Giustizia; saranno due i mesi di tempo a disposizione dell’organo per decidere se proseguire la controversia.