Proprio ieri si evocava l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia con tutti gli “annessi e connessi”, in primis il rischio di un’escalation bellica che poteva portare verso la 3° guerra mondiale.
Quasi a voler “celebrare” il 1000 giorni di guerra, ieri l’Ucraina, dopo l’ok dei giorni scorsi da parte degli USA all’utilizzo dei missili a lunga gittata dagli stessi forniti a Kiev, ha lanciato i primi ordigni contro il territorio russo. Si torna, quindi, a parlare del potenziale rischio di un allargamento del conflitto, aggravato dal fatto che Putin non si è fatto aspettare, ricordando atutti come la Russia abbia l’arsenale atomico più grande al mondo (oltre 4.380 testate).
Tanto è bastata per creare, sui mercati di mezzo mondo, un’ondata di panico (il nostro MIB, tanto per fare un esempio, è arrivato a perdere, ad un certo punto, circa il 3%, prima di superare la “paura” e risollevarsi, limitando le perdite all’1,28%); paura, in realtà, messa da parte quasi subito, grazie anche alle notizie provenienti da oltreoceano riguardanti i risultati delle trimestrali Usa.
A dire il vero, le “grandi manovre” sul campo sembrano quasi una “partita a scacchi”: consapevoli del fatto che l’entrata in campo di Trump (si tratta, in fondo, di “guadagnare” 2 mesi di tempo, visto che il suo insediamento ufficiale alla Casa Bianca avverrà proprio il 20 gennaio pv), entrambi i protagonisti “alzano la voce”, utilizzando le armi a disposizione. Zelensky cercando di dimostrare che qualche “cartuccia” la può ancora spendere e che ha la forza per continuare ad occupare la regione del Kursk, in territorio russo, seppur in patria sia un po’ meno “profeta” e si ritrovi una popolazione sfiancata, stremata e anche sfiduciata, che più di un dubbio nei suoi confronti comincia ad averlo, Putin facendo la “voce grossa”, nel tentativo di spaventare tutti, arrivando a minacciare l’uso di armi atomiche (seppur, probabilmente”, “tattiche”: cosa ben diversa sono le gittate atomiche “strategiche”, quelle si assolutamente devastanti e terribili): quasi a voler “congelare” la situazione attuale, per poi sedersi al tavolo del negoziato poi per fare “reciprocamente” delle concessioni.
Certo si sta parlando pur sempre di una guerra e il rischio che la situazione possa scappare di mano (un po’ quello che succede nei laboratori scientifici, dove il rischio della “fuga” di un virus è un’eventualità che si può sempre verificare – ben ricordiamo le voci in merito al propagarsi, in Cina, e da lì nel mondo intero, del Covid) non può essere esclusa. E questa, appunto, è la preoccupazione degli investitori, pronti, nel caso, a “cambiare cavallo”, ricercando la sicurezza nei “beni rifugio” (non a caso ieri oro e treasury USA si sono rafforzati).
La speranza è che oggi l’economia e la finanza si riprendano la “scena”, derubricando, ancora una volta, le tensioni geopolitiche come “non determinanti”.
Le premesse non mancano, a partire da Nvidia, vero “market mover” della settimana: oggi, a mercati chiusi, sono attesi i dati relativi al 3° trimestre: la chiusura di ieri (+ 4,89%) può essere letta come anticipatoria di numeri oltremodo positivi.
C’è, poi, sempre attuale, il tema dei tassi: ieri il Governatore di Bankitalia, Fabio Panetta, durante un suo intervento all’Università Bocconi, ha dichiarato, senza mezzi termini, che a suo parere la stretta monetaria non serve più: un chiaro invito alla Lagarde affinchè prosegua la strada intrapresa in quella direzione. L’obiettivo è di raggiungere, in tempi non lontani, almeno in Europa, il così detto “tasso neutrale” (o “naturale”), vale a dire quel tasso che consente comunque ad un’economia di crescere, in un regime di buona, se non di massima occupazione, in permanenza di un livello di inflazione “sopportabile” (il concetto di inflazione non ha valenze unicamente negative: quelle si hanno quando l’inflazione è “fuori controllo”, provocando aumenti dei prezzi non sostenibili e, nel tempo, disoccupazione e recessione. Quando invece l’inflazione si stabilizza su valori “accettabili” – diciamo intorno al 2% – può essere uno stimolo alla crescita, in quanto conferma la crescita di beni e servizi e, più in generale, un clima di fiducia da parte di famiglie e consumatori). Vedremo se le parole del nostro Governatore verranno ascoltate: basterà attendere il 12 dicembre, giorno in cui si riunirà il Governing Council BCE, che dovrà confermare che il percorso è quello corretto, con un nuovo taglio di 25 bp. E quindi procedere ulteriormente verso il target del 2%, che potrebbe essere raggiunto tra fine 2025 e inizio 2026. Perché, a questo punto, almeno da questa parte dell’oceano, il nemico da combattere non si chiama più inflazione, ma crisi economica: un rischio che l’Europa non può correre, soprattutto alle porte di un quadriennio in cui le strade di Stati Uniti e Area EU potrebbero divaricarsi, con l’avvento, a Washington, di politiche economiche che definire protezionistiche non è esagerato.
Dopo la “grande paura” di ieri, i mercati asiatici lanciano segnali tranquillizzanti.
Il Nikkei, a Tokyo, non riesce a scrollarsi l’apatia di questi giorni, avviandosi alla chiusura in lieve ribasso (– 0,16%).
Stessa percentuale, ma di segno opposto, a Hong Kong, dove l’Hang Seng ha recuperato la debolezza dell’apertura.
Meglio fa Shanghai (+ 0,66%), dopo l’annuncio che la Banca Centrale, per il momento, lascerà i tassi invariati.
Bene il Kospi a Seul (+ 0,42%); non altrettanto il Taiex a Taiwan (- 0,70%).
Mumbai + 0,3%.
Futures ovunque positivi, con rialzi intorno allo 0,20% a Wall Street e 0,5% in Europa (Eurostoxx).
Petrolio in leggero rafforzamento (WTI $ 69,45. 0,20%).
Gas naturale Usa sopra i $ 3 (3,046, + 1,43%).
Oro a $ 2.632, sulla parità.
Sprea a 119,5.
Leggero recupero per i BTP, a 3,55%.
Bund a 2,35%.
Treasury che, dopo la chiusura in rafforzamento ieri sera, questa mattina danno qualche di debolezza, aprendo, sui mercati asiatici, a 4,41% (segnale di minori preoccupazioni geopolitiche).
€/$ 1,0587.
Bitcoin a $ 93.280.
Ps: dopo l’annuncio di qualche tempo fa, ieri Rafa Nadal ha giocato la sua ultima partita ufficiale (perdendo il match, valido per la Coppa Davis, con tal Van de Zandschulp). Ma più che la partita persa, a “sancire” l’addio è stata la lettera che gli ha scritto Roger Federer, suo grande amico e, probabilmente, il più grande tennista di sempre. Che in sostanza lo ha ringraziato, scrivendogli che se ha raggiunto certi livelli lo deve a lui e alla loro competizione (per la cronaca i 2 si sono affrontati 40 volte, con 24 vittorie per lo spagnolo e 16 per lo svizzero). Confermando che per raggiungere certi risultati, occorrono, tra le tante, certo 2 doti; l’umiltà e la determinazione, cioè quella cosa che serve a superare le difficoltà più grandi.