Mal comune non sempre è mezzo gaudio.
Quando si parla di Europa il primo pensiero che viene in mente (o potrebbe venire in mento) è quello di una grande opera incompiuta, come tante se ne vedono in Italia (a proposito, quest’anno, sui 44 MD di € già “spesati” di PNRR siamo riuscita ad allocarne solo 8,9: è molto difficile, per non dire impossibile, che in neanche 3 mesi – al netto delle vacanze natalizie diciamo 2 – riusciamo a spendere gli altri 35….).
Fatto sta che da qualche mese, come noto, la UE ha varato le nuove regole di bilancio, che prevedono, tra l’altro, che entro il 20 settembre di ogni anno, i Paesi membri presentino i rispettivi piani di risanamento dei conti (e già questo fa capire che in Europa non si salva nessuno: poi certamente abbiamo i malati “gravi”, quelli cioè in “camera di rianimazione”, a cui apparteniamo, e quelli ricoverati per un po’ di febbre, ma comunque tutti hanno bisogno di cure mediche).
Bene: dei 27 Paesi membri, solo 2 (Danimarca e Malta) hanno rispettato la scadenza. Tutti gli altri, e quindi anche quelli più “frugali” (quelli cioè che fanno pressing affinchè il bilancio europeo rimanga “in ordine”), come i Paesi Bassi, la stessa Germania o la Svezia, hanno chiesto una proroga per la presentazione del bilancio al prossimo 15 ottobre.
Tutti, evidentemente, sono alle prese per come “far quadrare i conti”.
Impresa non sempre semplice, essendo l’Europa di fronte ad un bivio: da una parte il “rigore” o, meglio sarebbe dire, l’esigenza da parte degli Stati membri di mantenere gli impegni presi in Parlamento, dall’altra la necessità di sostenere l’economia, alle prese con un momento assolutamente complicato, schiacciata com’è dalla crisi tedesca e “l’invasione low-cost cinese” (vedi quanto sta succedendo nell’automotive).
Ecco, quindi, che si è aperta la “caccia” alle risorse.
In Italia non passa giorno che non si discuta sul significato della parola “sacrifici” evocata la settimana scorsa dal Ministro dell’Economia Giorgetti, “colpevole” di aver detto una evidente verità: vale a dire che senza la partecipazione di tutti “venirne fuori” diventa un miraggio. Ergo: inutile fare accordi con l’Europa, trovare ragionevoli compromessi (vd il nuovo Patto di Stabilità), fare “esercizi di stile”, dichiarandoci profondamente impegnati nella causa europea e poi, al momento della “resa dei conti” (non solo, evidentemente, in senso metaforico), giocare a “nascondino”, sollevando dubbi e distinguo e affermando che si volevano dire cose diverse.
A far venire i brividi a molti sono 2 parole: una è tasse, l’altra è una sua diretta conseguenza, cioè patrimoniale.
Fermo restando che anche l’inflazione può essere definita una tassa (per di più “occulta”, in quanto non sancita dal legislatore, ma che tutti paghiamo), è chiaro che qualsiasi maggior prelievo (che sia sotto forma di accise o di prestazioni sanitarie) ha il sapore di una nuova tassa.
Se parliamo poi di patrimoniale, oggi in Europa sono solo 3 i Paesi che impongono una tassazione sulla “ricchezza globale” dei cittadini: Svizzera, Norvegia e, quasi a sorpresa, la Spagna. Altri la applicano solo parzialmente (per esempio la Francia solo sul patrimonio immobiliare, il Belgio sui patrimoni finanziari superiori ad € 1 ML, l’Olanda, che tassa sì il patrimonio, però escludendo la 1 casa di residenza e alcuni attivi). Ma anche l’Italia ha una sua patrimoniale, che però è limitata agli attivi finanziari e alle proprietà immobiliari detenuti all’estero, fermo restando l’IMU sulle 2de case.
Una realtà resa ancora più complessa dalla situazione politica in cui si trovano molti Paesi, con maggioranze di governo spesso risicate o composte da alleati i cui rapporti non possono certo definirsi lineari (magari fino a poco tempo fa erano acerrimi nemici, contrari su quasi ogni cosa) o addirittura, in alcuni casi, sostenuti da partiti contrari all’Europa.
Rimane il fatto che se entro il 15 ottobre i Programmi di Bilancio non fossero presentati, la UE potrebbe, soprattutto nei confronti degli 8 Paesi che già ora sono in procedura di infrazione per debito eccessivo (noi ovviamente tra questi), varare nuovi provvedimenti, tra cui un “percorso di aggiustamento” che si ridurrà a 4 anni anziché ai 7 previsti.
Dopo la Golden Week, questa notte ha riaperto, in rialzo, la Cina.
Shanghai, dopo essere arrivata a sfiorare il + 10%, in questi minuti fa segnare un + 4% circa: se la giornata dovesse chiudersi su questi livelli, il rimbalzo dell’ultimo mese sarebbe di oltre il 26% (26,74 per l’essattezza).
Profondo rosso, invece, per Hong Kong, in calo del 7%: peraltro, al netto della discesa di questa mattina, le quotazioni dell’ultimo mese sono cresciute del 25%.
Debole anche Tokyo, con il Nikkei che lascia sul terreno l’1%.
Cali anche per la Corea del Sud (Kospi – 0,5%) e Taiwan (Taiex -0,4%).
Futures in modestissimo ritracciamento un po’ ovunque, più evidenti in Europa, che si “riallinea” a Wall Street dopo le chiusure positive di ieri (mentre New York ha chiuso in calo, con il Nasdaq a – 1,17%, Dow – 0,94% e S&P 500 – 0,96%).
“Respira” il petrolio, dopo la corsa delle ultime sei sedute precedenti, che avevano portato il WTI a raggiungere i $ 77 (+ 13%): questa mattina è in calo dell’1,62%, a $ 75,96.
Poco mosso il gas naturale Usa, a $ 2,756 (+ 0,15%).
Oro a $ 2.661, in leggero ribasso (– 0,26%).C
Spread a 131,7 bp.
Ieri è stato una giornata non semplice per i bond: i dati americani di venerdì, infatti, hanno confermato il buon andamento dell’economia USA, con il lavoro che ha creato oltre 254.000 nuovi occupati: non solo l’hard landing pare definitivamente allontanarsi, ma anche il soft landing sembra un’ipotesi più difficile da realizzarsi. Si torna, quindi, a parlare di no landing: il che significa che la FED potrebbe procedere in maniera più cauta ai futuri tagli. Non a caso, infatti, subito gli analisti hanno ridotti da 9 a 7 le riduzioni da qui a fine 2025. Ecco spiegato il movimento “a ritroso” delle quotazioni obbligazionarie, che hanno fatto salire i rendimenti.
BTP che sono tornati, pertanto, al 4,57%.
Bund al 2,26%.
Più ampio il movimento sui treasury USA, che, infatti, sono tornati a “valicare” la soglia psicologica del 4% (4,026).
€/$ sempre sotto 1,10 (1,0988).
Bitcoin che riparte da $ 62.745.
Ps: a Rio de Janeiro è stato rieletto, come sindaco della città, Eduardo Paes. La sua campagna elettorale? Molto semplice: gratis a tutti il nuovo farmaco per dimagrire. Si tratta del Czempic, prodotto da una molecola brevettata dall’azienda danese Novo Nordisk. In realtà si tratta di un medicinale per il diabete, che induce al senso di sazietà e, quindi, riduce la fame. In molti Paesi inizia, quindi, ad essere prescritto anche per le cure contro l’obesità o per dimagrire. E in Brasile l’obesità è sempre più diffusa. Senz’altro il suo prezzo non è alla portata di tutti: basti pensare che da noi il Czempic costa circa € 117 per ogni “pennetta”. Perché sia efficace ne servono almeno 4 al mese: in altre parole € 468 al mese. Se non sono pochi per noi, figuriamoci per un cittadino carioca. E quindi Czempic gratis per tutti (almeno a Rio).