Chi non ha visto almeno una volta, appesi ai fili elettrici delle linee ferroviarie, il cartello con la scritta “chi tocca muore”? Tutti conosciamo i rischi legati ad una scarica elettrica, anche domestica (figuriamoci quelle di impianti industriali o legate ai trasporti), ma è sempre bene ricordarli.
Parlare di tasse, in politica, comporta rischi analoghi: la “morte”, ovviamente, ha un significato diverso, misurandosi in perdita di consensi.
In realtà, nel suo intervento di ieri, il Ministro dell’economia Giancarlo Giorgetti non ha esplicitamente usato quel termine, bensì ha parlato, in senso più lato, di “sacrifici per tutti”. Se apriamo un qualsiasi dizionario, la parola sacrificio, al di là del significato religioso o legato ad un ideale, fino a rinunciare alla propria vita, esprime “privazione, rinuncia, sofferenza, stento, tribolazione” (Treccani).
Tanto è bastato per evocare scenari da 1° Repubblica: molti ricorderanno la “manovra Amato” del 1992, quella sì fatta di “lacrime, sudore e sangue”.
Era il luglio 1992: mai l’Italia è stata più vicina al default come in quei giorni. Amato fu nominato Primo Ministro da pochi giorni (28 giugno), appunto con l’intento di varare una manovra monstre (circa 100.000 miliardi di “vecchie lire”) in grado di salvare il nostro Paese. Cosa che fece nella notte tra il 9 e il 10 luglio di quell’anno.
Al loro risveglio, gli italiani si ritrovarono con una serie di provvedimenti che, come minimo, quella mattina fecero andare il caffè di traverso a molti: un prelievo forzoso (ergo patrimoniale) del 6 per mille sulle giacenze in cc, un’imposta straordinaria sugli immobili (altra patrimoniale) tra il 2 e il 3% della rendita catastale rivalutata (che poi prese il nome di Ici, trasformandosi in una tassazione “ordinaria”), la revisione del sistema pensionistico, l’aumento incondizionato dell’imposta di bollo. Ciò nonostante, un paio di mesi dopo, ad inizio di settembre, fummo costretti a svalutare la lira, che nel giro di pochi giorni perse il 30% del proprio valore sotto un attacco speculativo senza precedenti, sotto il peso, tanto per cambiare, del debito pubblico. Che si aggirava, nota bene, in quel periodo, al 108% del PIL: una percentuale che oggi, probabilmente, ci collocherebbe tra i “Paesi virtuosi”.
Ma i tempi, evidentemente, sono cambiati…
Ecco, quindi, spiegato il motivo per cui le parole di Giorgetti hanno creato il panico: in primis tra le forze di Governo, con i vari leader (compreso il suo, che già aveva messo in un cassetto la giornata nera del trasporto ferroviario del giorno prima – il cartello “chi tocca muore” è sempre in agguato – probabilmente non vedeva l’ora di buttarsi su qualcos’altro…) pronti a smentire, e poi tra gli investitori, con il nostro indice MIB caduto dell’1,50% (il peggiore ieri), preoccupati dall’affermazione, in realtà piuttosto vaga, “in manovra chiederemo sacrifici a tutti, perché siamo impegnati in un percorso particolarmente esigente di rientro dal deficit”.
Ovviamente si sono subite scatenate voci su quali potrebbero essere le misure “straordinarie”: dall’accise (un’accise non si nega a nessuno), ad una nuova tassazione sugli extra-profitti, ad una tassazione più ampia per i settori che stanno traendo maggiori vantaggi dalla situazione geo-politica (vd la difesa).
Ancora una volta la comunicazione si rivela centrale nella determinazione degli umori e delle aspettative di investitori e cittadini: a maggior ragione quando è vaga, non “rafforzata” da informazioni precise e circostanziate.
Indubbiamente, parlare di sacrifici (anche se è seguita la usuale pronta smentita di rito) non fa certo “share”: non c’è bisogno di evocare Tommaso Padoa-Schioppa, Ministro dell’economia nel Governo Prodi (era il 2007), la cui affermazione “le tasse sono una cosa bellissima” ha fatto storia (peraltro era chiaro il concetto “filosofico” della sua affermazione, significando che con la partecipazione di tutti, tutti vivremmo meglio, e vivere meglio certamente è una cosa “bella”). Di certo non lo sono per un Paese in cui l’evasione raggiunge livelli inauditi (si stimano circa € 100-120 MD all’anno….: il nostro debito è di € 3.000 MD. Tutti siamo in grado di fare 2 conti e capìre in condizioni saremmo se non dico azzerassimo, ma dimezzassimo il problema).
Però un merito al Ministro Giorgetti va dato: quello di aver fatto prendere coscienza, probabilmente, a molti sul fatto che il nostro Paese è ad un bivio. Non bastano gli aiuti europei (vd PNRR) per toglierci dai guai. Siamo una comunità e, ancora una volta, siamo chiamati a dimostrarlo.
Ieri giornata tranquilla a Wall Street, con gli indici poco mossi.
Un po’ diverso, invece, in Europa, con i mercati più sensibili alle vicende medio-orientali (ancora differente, come detto, il discorso per il nostro MIB).
Questa mattina mercati del Pacifico positivi.
A Tokyo il Nikkei sta chiudendo in leggero rialzo (+ 0,22%), con lo yen in nuovo, per quanto leggero, indebolimento.
Meglio fa, a Hong Kong, l’Hang Seng, che sale dell’1,72%.
Ancora chiuse Shanghai e Shenzhen.
Leggera debolezza per Taiwan, con il Taiex in calo dello 0,39%.
Nell’ultimo giorno di trattazione della settimana, futures sulla parità sulle 2 sponde dell’oceano.
Giornata, quella di ieri, “esplosiva” per il petrolio, in forte rialzo, sia per il Brent (che è tornato intorno ai $ 77) che per il WTI (questa mattina a $ 73,69).
Poco mosso il gas naturale Usa, a $ 2,972 (- 0,13%).
Oro di nuovo ad un passo dai $ 2.700 (2.686, + 0,19% questa mattina).
Spread a 131,5 bp.
BTP a 3,48%.
Bund al 2,16%.
Nuovo ribasso per il Treasury, con il rendimento che sale al 3,84%, sui dati che confermano la buona salute dell’economia americana (vd indice ISM sui servizi, salito al 54,4 da 51,5 di agosto, con i nuovi ordini passati addirittura a 59,4, con il “consensus” che prevedeva 52,5, o ile nuove richieste di disoccupazione, a 225.000, contro una previsione appena inferiore – 221.000)
€/ 1,1033, con il $ sempre in buona salute.
Bitcoin a $ 61.410.
Ps: tutti abbiamo partecipato almeno ad una caccia al tesoro (anche Giorgetti…). Ma credo nessuna sia andata oltre la durata di un week end. E’ andata un po’ diversamente ai partecipanti di una caccia al tesoro in Francia, dal nome “Sulle tracce del gufo d’oro”). Data di inizio? 1993…avviata per volontà di 2 artisti (Max Valentin e Michel Becker) che, per lanciare il loro libro, inserirono 11 enigmi + 1 per riuscire a scovare il luogo in cui era stata sepolta una copia in bronzo di una statua che riproduceva il rapace. Dopo 31 anni e mezzo la statua è stata trovata. Chissà però sei i 2 artefici del gioco sono ancora in vita…(e quindi pagheranno il premio, attualizzato in € 300.000).