I numeri hanno il merito di “fotografare” il “momentum” meglio di fiumi di parole (salvo il fatto che poi solo l’analisi può far comprendere le loro ragioni).
Prendiamo la settimana che sta per chiudersi: se la campanella che indica il termine delle contrattazioni dovesse suonare in questi minuti, il CSI 300 di Shanghai, in rialzo anche questa mattina di oltre il 2,6%, chiuderebbe a + 15%, miglior settimana da 16 anni a questa parte. Se passiamo ad Hong Kong, piazza più accessibile per gli investitori internazionali, e quindi con scambi ben superiori, l’Hang Seng, l’indice di riferimento per quella piazza, in salita questa mattina del 2%, farebbe segnare un rialzo settimanale del 13%.
Dire che siamo alla “svolta” forse è prematuro. Di certo, però, qualcosa è cambiato.
L’euforia, come sappiamo, può essere pericolosa, ma senza dubbio è contagiosa. Senza dimenticare, ancora una volta, le profezie che si autodeterminano, il meccanismo che, in estrema sintesi, porta gli individui ad assumere comportamenti che derivano dal convincimento che una certa cosa andrà in un certo modo solo per il fatto che se ne parla.
Già si è detto delle difficoltà che il sub-continente cinese sta attraversando da qualche anno a questa parte e le cui origini non son da imputarsi al Covid (anche se l’epidemia ci ha messo del suo), ma, in gran parte, alla corsa irragionevole dell’immobiliare: la casa, per la classe media cinese, rappresentava il raggiungimento del benessere e della propria solidità patrimoniale. Un processo che parte da lontano, con la fuga dalle campagne di decine di milioni di cittadini e lo sviluppo impetuoso di aree urbane, diventate, nel frattempo, megalopoli di decine di milioni di abitanti.
Sappiamo come è andata a finire: le più grandi imprese di sviluppo immobiliare fallite (vedi Evergrande), valori immobiliari saliti oltre qualsiasi logica, crollati sotto i colpi della crisi, milioni di famiglie indebitate a costi elevati (nel frattempo il costo del denaro è salito anche da quelle parti), altre che hanno visto andare in fumo i risparmi di una vita, che si sono ritrovate senza soldi e senza casa. Non a caso, oggi in Cina l’indebitamento complessivo è pari a circa 3 volte il PIL: in “soldoni” significa che siamo intorno ai $ 54.000 MD (PIL annuo circa € 18.000 MD).
Ovvio che in un contesto del genere i consumi interni siano crollati: se, a livello globale, i consumi interni incidono per circa il 70/75%, in Cina siamo al 53%, un livello pericolosamente basso. Se poi pensiamo alla crisi del commercio mondiale o all’introduzione di dazi all’export il quadro è completo. E raggiungere il fatidico 5% di crescita, il livello ritenuto “esistenziale” per il Paese diventa un miraggio (quest’anno dovrebbe fermarsi al 4,9%, mentre le stime OCSE lo proiettano al 4,5% per l’anno prossimo).
Più volte, in questi mesi, le autorità monetarie (sotto le pressioni della politica: parlare di indipendenza, a quelle latitudini, è come dire che il badminton è lo sport più seguito in Italia) hanno più volte intrapreso azioni a sostegno dell’economia, immettendo liquidità piuttosto che alleggerendo il rigore monetario. Interventi, però, per lo più diretti al mondo delle imprese e mai a quello delle famiglie. Quindi incentivando gli investimenti (fatto peraltro positivo) ma non i consumi privati.
Ad inizio settimana, invece, gli stimoli sembrano aver preso, almeno in parte, una strada diversa (vedi il taglio dei tassi sui mutui e quelli sul mercato interbancario). Ma, ancora di più, a generare un clima diverso sono le voci secondo cui Pechino starebbe valutando un piano di stimoli fiscali pari ad oltre $ 140 MD (pari a 1.000 MD di yuan), che in buona parte prenderebbero la direzione degli Istituti di credito, penalizzati come non mai dagli “incagli” dei crediti immobiliari, che hanno ridotto a dismisura il loro patrimonio, impedendo a molti di loro di svolgere il loro “core” business (prestare denaro). In questo modo, invece, il denaro tornerebbe in circolo, spingendo i consumi e favorendo l’economia.
I mercati, come sempre, hanno “fiutato” l’opportunità: tant’è vero che ieri i principali artefici dei rialzi sono stati i titoli del lusso, probabilmente il settore più penalizzato dalla crisi cinese (la Cina è un mercato di riferimento). Ecco, quindi, che Swatch è salita del 12%, LVMH di quasi il 10%, Kering oltre il 9,6%, Dior 9%, idem Hetmes, Burberry 8,7%, la nostra Brunello Cucinelli 7,5%, e via discorrendo.
Però, come si diceva, “occhio” al contagio: sino a quando le attese non diventano realtà, i rialzi potrebbero rivelarsi, ancora una volta, effimeri. Di certo si può dire, comunque, che i multipli, in Cina, sono molto bassi, per cui i prezzi dei titoli oggi sono molto convenienti.
A pochi minuti dalla chiusura, il Nikkei di Tokyo fa segnare un rialzo del 2,32%.
Ancora meglio i listini cinesi, che superano il 2,50%.
Più marginale il rialzo di Taiwan, mentre a Seul il Kospi chiude poco sotto la parità.
Futures appena deboli sulle varie piazze.
Nuova caduta del petrolio, dopo che l’Arabia Saudita sembrerebbe decisa a non sostenere più i prezzi e con la Libia che potrebbe aumentare la produzione in maniera significativa: questa mattina troviamo il WTI a $ 67,87, e il Brent (che indica il petrolio estratto nei mari del Nord Europa) sceso sotto i 71€.
Gas naturale Usa a $ 2,739 (- 0,75%).
Ennesimo record dell’oro (il 30° dall’inizio dell’anno), che oramai si affaccia ai $ 2.700 (2.691).
Spread sotto i 130 bp (128,9), nuovo minimo dell’anno.
BTP a 3,48%, livello che non si vedeva da quasi 2 anni.
Bund al 2,20%.
Si fanno sempre più insistenti le previsioni di ribassi intorno allo 0,5% da parte della BCE da qui a fine anno.
Treasury al 3,8%.
€/$ a 1,1175.
Balzo del bitcoin, che in un colpo solo si porta dai 64.000 ai 66.000$.
Ps: la “mala giustizia” non colpisce solo l’Italia. Capita, infatti, che in Giappone in questi giorni sia stato assolto Iwao Hakamada, un ex pugile che oggi ha 88 anni, di cui 56 passati ingiustamente in carcere (per di più nel braccio della morte, in attesa della condanna, visto che da quelle parti la condanna a morte è ancora prevista) con l’accusa di aver ucciso 4 persone. Dopo anni di indagini, si è scoperto che era tutta una messa in scena della polizia che aveva bisogno di “un colpevole”: questo sì che è un “omicidio”, anche se della mente e non del corpo.