Partiamo, ancora una volta, dai numeri: 3.443, 3.090, 3.052, 2.948,5. Nell’ordine, la capitalizzazione di borsa (in MD di $), ai valori di ieri, di Apple, Nvidia, Microsoft e del debito pubblico italiano (in MD di €). Se dovessimo prendere in considerazione il PIL, il divario sarebbe ben maggiore, essendo il nostro Prodotto Interno Lordo intorno a € 2.200 MD: in altre parole, il valore di queste 3 società supera di circa il 40-60% quello “dell’azienda Italia”, che per andare avanti, però, è costretta ad indebitarsi ogni anno di più, mentre le 3 “corporate” (in principal modo Apple e Microsoft hanno soldi, e tanti, in cassa).
Si dirà: ma ci sono Paesi il cui debito è superiore a quello italiano (alcuni nomi: USA, dove oramai veleggia intorno ai $ 33-34.000 MD, Giappone (ma quello è un “mondo a parte”), Francia (oltre € 3.100 MD). Assolutamente sì: ma per capirne il “peso” bisogna rapportarlo alla “ricchezza prodotta”, e quindi al PIL. E qui nascono (per noi) i guai. Ormai, infatti, siamo “inchiodati” intorno al 138% del PIL, una percentuale che fa venire i brividi (il patto di stabilità UE, come noto, definisce come obiettivo il 60% del rapporto debito/PIL (non a caso il nostro Paese, anche se non è il solo, è sottoposto a procedura d’infrazione da parte della UE).
Dopo l’impennata per il Covid, con il rapporto che ha superato il 150%, grazie alla forte crescita del 2021 e del 2022, il rapporto è sceso al 140% nel 2022, per poi passare al 137,3% nel 2023. Ma da qui non si sposta: per quest’anno si prevede dovrebbe chiudere al 137,8%, per poi passare, l’anno prossimo, al 138,9%, e poi ancora al 139,8% nel 2026 e li assestarsi.
La domanda che in molti si pongono (probabilmente soprattutto dalle parti di Bruxelles) è cosa succederà una volta finito il PNRR, il piano da circa € 200 MD messo a disposizione dalla UE, che terminerà, salvo proroghe (richieste a gran voce dal nostro esecutivo, ma che difficilmente verranno concesse) nel 2026.
Un aiuto (aiutino, almeno per il momento) potrebbe arrivare dalla diminuzione dei tassi. Il prossimo 12 settembre si riunirà la BCE (la settimana successiva sarà il turno della FED americana), che dovrebbe confermare il nuovo taglio da 0,25%. Tradotto, significa che il debito costerà meno, anche se, per l’anno in corso, le previsioni erano ben più ottimistiche. Con il fatto che, ad oggi, si è assistito solo alla decurtazione, sempre dello 0,25%, di giugno, il costo medio delle emissioni 2024 è stato del 3,58%, con un costo medio dello stock vicino al 3%. Il che porta la spesa per interessi, come sappiamo, ad almeno € 84 MD per il 2024.
Lo sa bene il nostro Giorgetti, il nostro Ministro dell’Economia, chiamato a redigere una manovra di bilancio che si preannuncia, ancora una volta, non semplice (anche perché il tempo a disposizione non è molto, visto che dovrà essere inviata a Bruxelles entro il 20 settembre).
Già iniziano a circolare i primi numeri. Si parla di € 20-25 MD, le cui coperture vanno ancora individuate. Una mano non da poco arriva dall’aumento delle entrate fiscali, dovute in parte all’extra-gettito da parte degli Istituti di Credito e in parte dall’aumento dell’occupazione, che ha fatto crescere le ritenute e, quindi, i contributi fiscali, ritenute che, parzialmente, peraltro, dovrebbero “ritornare” ai lavoratori con la “decontribuzione”, uno dei punti centrali della nuova finanziaria). Certo l’obiettivo di riportare il debito al 130% del PIL entro i prossimi 7 anni, così come concordato dal Governo con la Commissione Europea (che vuol dire una correzione dei conti di circa € 12-13 MD all’anno) rischia di diventare una scalata molto ardua (parafrasando l’alpinismo, come scalare il K2 attraverso la “direttissima” in pieno inverno…).
Con il rischio di mettere ancora una volta in discussione la nostra credibilità (un valore tanto più indispensabile per chi, come noi, “vive a debito”: la questione non è, evidentemente, se avremo o meno la fiducia dei nostri partners e di coloro che hanno in mano il nostro debito, ma quale sarà il prezzo che dovremo pagare per la fiducia, come continua a ricordarci il 2011-2012 di “montiana” memoria).
Nell’ultima giornata di contrattazione del mese di agosto, finalmente “pianeti” allineati sui mercati del Pacifico.
A Tokyo il Nikkei si appresta a chiudere in rialzo dello 0,74%.
Positiva Shanghai, in rialzo dello 0,93%. Molto positivo, invece, a Hong Kong l’Hang Seng, che “vola” a + 1,80%.
Tutte in rialzo anche le altre piazze: Kospi di Seul + 0,6%, ASX 200 Sidney + 0,4%, Mumbai + 0,5% (nuovo record per la borsa indiana).
Futures europei in leggero ribasso (Eurostoxx – 0,18%); in controtendenza, invece, Wall Street (Dow + 0,09%, S&P 500 + 0,29%, Nasdaq + 0,49%).
Petrolio in leggera ripresa, con il WTI a + 0,40% ($ 76,28).
Gas naturale Usa $ 2,153 (+ 0,61%).
Oro questa mattina in leggera contrazione (– 0,26%), non sufficiente, però, per allontanarlo dalle “vette” dei $ 2.532, praticamente sempre intorno al massimo storico.
Spread a 138,3, in leggera risalita (primi effetti delle “tensioni” per la manovra?).
BTP al 3.65%.
Bund 2,27%.
Treasury Usa 3,86%.
Leggero rafforzamento per il $, che sale a 1.1081 verso €.
Bitcoin in saliscendi, con le quotazioni che oscillano tra i $ 59.000 e i $ 61.000 (questa mattina $ 59.605).
Ps: dopo le Olimpiadi, sono iniziate a Parigi le Paralimpiadi. Se quelle “ normali”, oltre a regalarci emozioni che solo lo sport è in grado di fornire, già sono un esempio di “inclusione”, di fratellanza e di fatica, oltre che di determinazione, quelle dedicate agli atleti portatori di handicap ancor di più ci dimostrano come la forza di volontà può portare a toccare obiettivi altrimenti irraggiungibili. Ancora una volta, questa volta a ragione, “nothing impossible”.