L’attentato a Donald Trump del 13 luglio ha, di fatto, catalizzato l’attenzione sulle elezioni americane. Non avrebbe potuto, peraltro, essere altrimenti. Contribuendo, probabilmente, anche ad accelerare la decisione del “passo indietro” del Presidente Biden dopo il fallimentare (per lui e per i democratici) confronto di fine giugno.
Con la candidatura di Kamala Harris non c’è dubbio che il “paradigma” elettorale è destinato a cambiare per entrambi i contendenti.
Per i democratici, che, nell’arco di poche settimane, dovranno forgiare una “leader” nel tentativo di convincere gli indecisi, soprattutto quelli che risiedono in alcuni Stati “chiave”, come la Pennsylvania, il Michigan, il Wisconsin, la Georgia, l’Arizona. Cinque o sei Stati, neanche tra i più importanti, che però, come hanno dimostrato le Presidenziali di 4 anni fa, fanno la differenza. Si sa che l’America “rurale” sta dalla parte di Trump, mentre quella “progressista” e “cittadina” è di fede democratica: poi c’è quella “di mezzo”, magari sede di grandi impianti industriali, molto più “fluida”, in grado di “fare la differenza” (in considerazione anche del particolare sistema elettorale USA, che prevede “l’all in”, vale a dire che chi risulta vincitore in un certo Stato si prende tutti i seggi previsti).
Ma anche per i repubblicani, “costretti” a reinventare un “nemico”, dopo che la loro strada sembrava in discesa e avviata al successo, con un avversario in “disarmo”. Come nel suo stile, Trump è partito subito all’attacco, tirando già alcuni “colpi bassi” (Harris facile da battere). Ma è indubbio che dovrà cominciare a misurarsi sui contenuti più di quanto abbia fatto sino ad oggi, in cui tutto era basato sulla “senilità” e sulla “semi-infermità” mentale del suo avversario.
Uno scenario nuovo per tutti, anche se, per il momento, l’ex Presidente è dato ancora per favorito, grazie anche al forte vantaggio accumulato e al poco tempo a disposizione per l’attuale Vice-Presidente, che, tra l’altro, deve ancora ricevere “l’incoronazione” ufficiale, prevista, salvo sorprese, per la Convention di Chicago del 19-22 agosto (data per scontata, come conferma il boom della raccolta fondi – circa $ 47ML – arrivata dai piccoli donatori nelle ore immediatamente successiva al ritiro di Biden, per il quale, invece, la raccolta si era completamente fermata).
Ma, per quanto importante sia la scadenza elettorale di inizio Novembre, il mondo va avanti e, con lui, i tanti fronti aperti. A cominciare da quello in Medio-oriente, come la visita, proprio oggi, a Washington, del Presidente israeliano Netanyahu sta a confermare (tra l’altro proprio una certa “arrendevolezza” di Biden verso Israele è uno dei motivi che ha dato un certo vantaggio a Trump). Senza dubbio il Presidente Usa si presenterà ora un “po’ più leggero” e questo potrebbe ancheportare ad un atteggiamento americano più duro verso l’alleato medio-orientale (tra l’altro incontrerà anche la Harris, il cui marito ha origini israeliane, cosa che non è così irrilevante).
Venerdì, in Francia, inizieranno i Giochi Olimpici, una volta di più non solo una “semplice” manifestazione sportiva, in considerazione anche del particolare momento che sta vivendo quel Paese, dove, da un punto di vista politico, tutto, per il momento, è “congelato”, in attesa che si capisca a chi Macron affiderà il compito di formare il nuovo Governo. Non era certo questa la situazione che il Presidente francese avrebbe voluto per il proprio Paese, già alle prese con problemi non semplici, a partire dalla sicurezza (non a caso si prevedono, per la cerimonia inaugurale, oltre 45.000 uomini dell’esercito e della Gendarmerie a presidiare).
Venendo all’Italia, lasciando da parte il “chiacchiericcio” politico, l’attenzione si concentra, ancora una volta, sul PNRR.
Se, da una parte, l’attuale Governo, in sintonia peraltro con il precedente, si è dimostrato in grado di “portare a casa” il risultato (su € 194,42 MD siamo riusciti a “portarne a casa”, per interventi “attivati”, circa € 164,8 MD, pari all’85%), le cosecambiano se parliamo di quale sia stata, ad oggi, la “capacità di spesa”. Quanto, cioè, dei soldi che abbiamo ottenuto, siamo stati in grado effettivamente di spendere, “spingendo”, in concreto, l’economia, e quindi la crescita. Scopriamo così che quest’anno abbiamo speso “solo” € 9,4 MD: erano € 42 MD a fine 2023, sono diventati, al 30/6, € 51,36 MD. Va detto che lo stesso UPB (Ufficio Parlamentare di Bilancio) aveva previsto che l’ammontare delle spese per il PNRR sarebbe stato, nel corso del 2024, pari a circa € 40,27 MD: mancano, quindi, all’appello circa € 31 MD….In tutto, come appare evidente, abbiamo speso, sui circa € 165 MD già ricevuti, “solo” € 51 MD. La cosa che suona come un campanello d’allarme è che se non li avremo spesi entro il 2026 decadranno: da qui l’obiettivo del Governo si ottenere una proroga di un paio di anni per poter “spendere”.
Chiusure ampiamente positive, ieri sera, a Wall Street (non solo per il passo indietro di Biden): Nasdaq + 1,54%, Dow Jones + 0,32%, S&P 500 1,1%.
Questa mattina borse asiatiche tendenzialmente negative.
Marginale la discesa di Tokyo, con il Nikkei vicino alla parità, mentre più pesanti sono le discese di Shanghai (- 1,44%) e Hang Seng (- 1,02%).
“Si salvano” il Kospi di Seul (+ 0,45%) e soprattutto il Taiex di Taiwan (+ 2,76%).
Futures al momento deboli oltre oceano, mentre sembrano più positivi quelli europei, con l’Eurostoxx a + 0,20%.
Petrolio sui livelli del giorno precedente, con il WTI a $ 78,46.
Gas naturale Usa $ 2,25 (- 0,18%).
Oro ancora in leggero ribasso (– 0,11%, $ 2.394).
Spread a 128,9 bp.
BTP a 3,77%.
Bund 2,49%.
Treasury sempre in area 4,24%.
€/$ a 1,0885.
Bitcon che “lima” di circa $ 1.000, scambiando a $ 66.557.
Ps: a proposito di Olimpiadi, l’oro olimpico porta, come ovvio gloria e fama. In alcuni casi, a dire il vero, anche ricchezza. Per esempio, se un a vincere fosse un atleta di Hong Kong si porterebbe a casa $ 700.000. Il “montepremi” più alto tra tutti i Paesi partecipanti. Ma anche chi dovesse vincere per Singapore non potrebbe lamentarsi ($ 650.000). Che diventano $ 550.000 per Taiwan. O 200.000 per la Serbia. Noi non siamo molto lontani ($ 180.000). lo sono, invece, gli USA, che premiano i propri atleti con soli $ 34.800. Ma lì, lo sappiamo, il vero premio arriva dal “lavoro” (sportivo) di ogni giorno…