Alle 13.45 (ora di Washington) di ieri Joe Biden ha comunicato che non correrà per un secondo mandato alla Casa Bianca, confermando le voci che da qualche giorno serpeggiavano tra le fila del Partito Democratico e ponendo fine , in questo modo, ad una “tira-molla” che sarebbe stato logorante e, molto probabilmente, politicamente “suicida” per lo schieramento del Presidente.
Anche Lyndon Johnson, Presidente dal 1963, anno dell’uccisione di J.F. Kennedy, di cui era il Vice, al 1969, decise di non ricandidarsi, ma la sua fu una scelta immediata, e non un “ritiro” nel bel mezzo della “corsa”, un timing che di certo non agevola il compito di chiunque prenderà il suo posto: ma lo “status quo” avrebbe voluto significare, con tutta probabilità, ammainare da subito la bandiera, togliendo qualsiasi speranza di vedere alla Casa Bianca, per i prossimi 4 anni, un Presidente democratico.
L’endorsement, contestuale all’abbandono, a favore di Kamala Harris non equivale, formalmente, alla candidatura della Vice-Presidente, anche se le sue quotazioni sono in netto rialzo e, di fatto, oggi appare come la candidata più probabile. Per averne certezza bisognerà, a meno di soprese, aspettare la Convention democratica, prevista a Chicago dal 19 al 22 agosto. A quel punto mancheranno circa 2 mesi e mezzo alle elezioni: un periodo forse insufficiente, per il candidato democratico che dovesse uscire dalla Convention, per “affilare le armi”. Ecco perché non è escluso che si trovi una modalità plausibile per anticipare i tempi senza intaccare la credibilità e l’autorevolezza di chi potrebbe ricoprire il ruolo di Presidente.
Ovviamente Trump e il suo staff non hanno perso tempo, chiedendo le immediate dimissioni di Biden e, dall’altra, cominciando a “denigrare” la molto probabile futura candidata, prendendosi quasi gioco di lei, ritenuta un’avversaria debole e incolore.
Oggi, intanto, il “mondo” riapre dopo il “blackout” informatico di venerdì, che lasciato a terra non solo chi doveva volare (paralizzato il traffico aereo di mezzo mondo) e viaggiare (treni con ritardi paurosi), ma miliardi di utenti di servizi bancari, finanziari e di pubblica utilità. In un periodo in cui l’intelligenza artificiale si sta, ogni giorno, impossessando sempre più delle nostre vite, ci accorgiamo che già c’è qualcuno che “le possiede”: quanto si è verificato venerdì certifica che già oggi “dipendiamo” quasi totalmente dalla “nuvola” (cloud). E’ sufficiente che in una remota cittadina degli Stati Uniti (per ora, per il futuro si vedrà) qualcuno cerchi di aggiornare un sistema o fare una manutenzione e qualcosa vada storto, ed ecco che non riusciamo ad operare in borsa (o se lo facciamo, lo facciamo “al buio”, con prezzi che potrebbero essere non veritieri), a partire per un viaggio, a fare benzina, a mandare o ricevere una mail, e tante altre cose.
E’ probabile che da venerdì qualcuno stia iniziando a pensare come “mettere in sicurezza” i dati e i processi informatici che fanno funzionare il mondo. Forse il confronto può apparire eccessivo e fuori luogo, ma come il Covid ha portato le grandi multinazionali a riscoprire “l’in-shoring” e il “near-shoring”, “riportando a casa”, o vicino a casa, molte attività produttive, così può succedere per l’informatica, con ingegneri informatici che c’è da star certi staranno iniziando a progettare sistemi di messa in sicurezza o dispositivi che “delocalizzeranno” i dati che dovranno limitare i danni.
Il “passo indietro” di Biden sembra apprezzato dal mercato, con i futures che indicano “bel tempo” ovunque, con rialziin molti casi superiori al mezzo punto percentuale.
Le borse asiatiche, come spesso accade, si muovono in ordine sparso.
L’indice Nikkei, a Tokyo, a pochi minuti dalla chiusura, arretra dell’1,23%, mentre cresce l’attesa per la riunione della Bank of Tokyo, prevista per fine mese.
In calo anche Shanghai (- 0, 83%), nonostante nella notte la Banca Popolare cinese abbia ridotto il tasso di riferimento a breve termine di 10 bp, portandolo all’1,7%.
In controtendenza, invece, l’Hang Seng di Hong Kong, che sale dello 0,90%.
Petrolio che cerca il recupero dopo il calo della settimana scorsa: questa mattina il WTI fa segnare $ 78,99, + 0,33%.
Gas naturale Usa a $ 2,16 (+ 1,32%).
Oro che si è allontanato dai massimi della settimana sorsa, portandosi appena sopra i $ 2.400 (2.405).
Spread sempre in area 130 bp (129,9).
BTP a 3,77%.
Bund 2,46%.
Oat Francia a 3,12%:
Treasury a 4,22%.
€/$ a 1,0886.
Ha ripreso respiro il bitcoin, che rivede quota $ 67.000 (67.557).
Ps: la nomino a Primo Ministro (o Prima Ministra…) di Giorgia Meloni ha aperto un nuovo fronte, non tanto politico, quanto lessicale, “sdoganando” l’uso del femminile per alcuni ruoli ritenuti, sino a un po’ di tempo fa, una “prerogativa” maschile. Cosa che deve aver profondamente turbato un deputato leghista, tal Manfredo Potenti, autore di un ddl che prevede multe sino ad € 5.000 per chi dovesse usare, negli atti pubblici, titoli con la desinenza femminile. Quindi mai più avvocatessa, rettrice, questora, sindaca, e vi discorrendo. Finalmente qualcuno che parla di cose serie e, soprattutto, di progresso….