Come ben sappiamo noi italiani, spesso lo sport diventa una sorta di “ciambella di salvataggio” a cui ci si aggrappa, in senso metaforico, per “salvarci la vita”: tra i tanti aspetti positivi, infatti, c’è anche quello di distrarre l’attenzione dai problemi del quotidiano (pensiamo, banalmente, con riferimento agli europei di calcio ancora in corso in Germania, alla partecipazione della squadra ucraina: se c’è un Paese in condizioni disperate (economicamente, militarmente, umanitariamente) quello è l’Ucraina, eppure la sua rappresentativa ha rischiato di accedere anche ai gironi finali), aiutando a “guardare avanti”.
La sconfitta della squadra francese ieri sera contro la Spagna allontana ulteriormente i “sogni di gloria” per il Paese transalpino: MBappè & c., diventati quasi un “simbolo” della resistenza all’avanzata della destra (praticamente nove undicesimi della squadra titolare sono giocatori di colore), escono a capo chino dalla competizione. Da oggi, quindi, i francesi, sorseggiando un caffè o mangiando un croissant, non potranno neanche più parlare di un modulo di gioco piuttosto che di un altro o del fatto che il tale giocatore era fuori forma. E le stesse Olimpiadi, l’espressione più alta dello sport, rischiano di passare da un momento di orgoglio nazionale (che di certo non manca a quel Paese) ad un incubo, a partire dalla sicurezza: ormai mancano meno di 30 giorni all’inaugurazione, che potrebbe arrivare nel mezzo di un preoccupante vuoto politico che mette a repentaglio il quotidiano di milioni di persone, per non parlare delle proteste che, vista la “visibilità” planetaria, potrebbero prendere vigore (e i francesi ben sanno come si fa a protestare e a bloccare un Paese intero…).
Gli strascichi delle elezioni si fanno sentire ogni giorno di più, con l’ingovernabilità che si fa sempre più strada.
Macron, per il momento, sembra quasi volersi “sedere sulla riva del fiume” per vedere cosa succede. Forse per la prima volta, i partiti francesi si trovano nella condizione di risolvere i problemi in Parlamento: detta così, sembra quasi un’affermazione degna di un Paese autoritario, come se sin qui la Francia fosse stata guidata da una dittatura. Infatti, in base ai risultati elettorali, il Capo dello Stato provvedeva immediatamente ad assegnare l’incarico di formare il nuovo Governo. Cosa che, in questo caso, visto, appunto, il “caos politico”, non può avvenire: al momento, quindi, ogni cosa è “rimandata” al Parlamento, con i vari Partiti (almeno quelli più moderati) alla ricerca di un accordo che permetta di dar vita ad una maggioranza in grado di sostenere la nascita di un Governo: solo a quel punto, probabilmente, Macron provvederà ad assegnare un incarico, avendo quasi la certezza del successo (ogni altra ipotesi, per l’attuale Capo dello Stato, sarebbe un ulteriore problema, anche in considerazione del fatto che la sua popolarità non è certo ai massimi, nonostante alle elezioni il suo partito – Ensemble – abbia raccolto un risultato insperato sino alla vigilia).
Nel frattempo, i mercati, con riferimento a quelli europei, sembrano essersi “calati nel clima”. E probabilmente, almeno sino a quando non “se ne saprà qualcosa di più”, continueranno su questa falsariga, fatta di poco entusiasmo e di attesa. A pagar pegno, ovviamente, sarà soprattutto Parigi, ma non è da escludere che anche qualche altra piazza finanziaria possa risentirne (in primis la Germania, già alle prese con una crisi che ha origini lontane). Osservato speciale sarà sempre lo spread, con gli OAT (i corrispondenti dei nostri BTP) che potrebbero mantenersi sempre su rendimenti “non consoni” alla storia recente. Va peraltro detto che la situazione del debito francese non si può certo definire brillante: come ci ricorda oggi Il Sole 24 ore, l’esposizione del Paese è aumentata nel periodo 2009-2023, di ben € 1.472 MD contro un PIL cresciuto, nello stesso periodo, di “soli” € 887 MD. Ma la cosa che forse dovrebbe preoccupare di più (i francesi soprattutto) è che tale crescita è stata finanziata per oltre € 1.552 MD da mani “non francesi”, derivando per oltre € 924 MD da investitori stranieri e per la differenza dalla BCE. Si pensi, per es, che il nostro debito pubblico detenuto da non residenti, sempre considerando gli anni 2009-2023, è cresciuto di soli € 42 MD (quello spagnolo di € 424 MD, quello tedesco di € 209 MD). Oggi il debito pubblico francese è detenuto, per ben € 2.258 MD, dalla BCE e dai non residenti: e questo potrebbe essere il vero problema dei nostri “cugini” (il confronto è assolutamente azzardato e non vuole sembrare fuorviante, però va ricordato che il fallimento della Grecia è avvenuto in quanto il debito del Paese era in gran parte in mano ad investitori esteri, che ad un certo punto hanno “mollato” la presa per non rimanere con il “cerino in mano”).
L’imperativo, quindi, per i francesi è “fare presto”: ma il “fare presto” non sempre si accompagna con il “fare bene”.
Intanto Wall Street è “oltre”: il Nasdaq ieri è, seppur di poco, nuovamente salito (+ 0,15% la chiusura), ritoccando il record del giorno prima. Più modesto il rialzo dello S&P 500 (+ 0,07%), mentre il Dow Jones ha chiuso in calo dello 0,13%.
Questa mattina nuovo rialzo per la borsa di Tokyo, con il Nikkei che si appresta a chiudere a + 0,53%, favorito dalla confermata debolezza dello yen (– 13% dall’inizio dell’anno).
In calo Hong Kong, con l’Hang Seng che perde lo 0,14%. Più forte la discesa di Shanghai, che lascia sul terreno circa lo 0,51%.
Futures al momento poco mossi, con quelli USA leggermente positivi, mentre quelli europei sembrano meno performanti.
Da notare che ieri Powell, nella sua audizione al Congresso Usa, ha lasciato praticamente intendere che, se di ribasso di tassi si parlerà, se ne parlerà a settembre.
Significativo calo del petrolio, con il WTI ridisceso verso gli 80$ (80,98, – 0,64%).
Gas naturale Usa a $ 2.345, – 0,13%.
In leggera ripresa l’oro, a $ 2.374,90, + 0,21%.
Sprea a 137,1.
BTP a 3,93%.
OAT francesi a 3,23%, con spread a 66 bp.
Bund tedesco 2,57%.
Treasury Usa stabile, a 4,29%.
€/$ a 1,0816.
Bitcoin in ripresa, con le quotazioni che si riavvicinano a $ 60.000 (59.025, + 1,70%).
Ps: domani Lino Banfi compirà 88 anni. E Giorgio Armani, sempre domani, 90. Intanto un ragazzo che di anni non ne ha neanche 17 (16 anni e 362 giorni, quindi en compirà 17 il 13 luglio), Lamine Yamal, ha portato la Spagna in finale agli Europei. E’ diventato, così, il giocatore più precoce in una competizione mondiale o continentale, superando un “certo” Edson Arantes do Nascimento, in arte Pelè, che segnò il goal per il Brasile ai mondiali di Svezia del 1958 quando di anni ne aveva 17 (e 241 giorni). Comunque buon compleanno anche a loro.