A guardare i dati sull’occupazione, l’Italia sembra tornata al “boom” degli anni ’50 e dei primi anni ’60, quando la nostra economia correva a ritmi da Paese emergente: tra il 1958 e il 1963, l’economia del nostro Paese è cresciuta ad una media del 6,3% annuo, superata solo dalla Germania. Un periodo storico, come ben sappiamo, del tutto particolare, con un Paese completamente da ricostruire e da “rifondare” sotto tutti i punti di vista, con opere pubbliche gigantesche e una dinamicità imprenditoriale privata probabilmente irripetibile. Un’economia trascinata dalle esportazioni, con un incremento medio annuo del 12% e con i consumi delle famiglie che nell’arco di 10 anni raddoppiarono. Non a caso la crescita coincideva con il boom demografico: basti pensare che nel 1963 si celebrarono oltre 420.000 matrimoni, con un tasso di “nuzialità” dell’8,2 per mille. E che nel 1964 i nuovi nati furono oltre 1.000.000 (per l’esattezza 1.016.120): nel 2023 sono stati, secondo l’Istat, 379.000, circa 1/3, toccando un livello mai raggiunto prima.
Il tasso di disoccupazione, infatti, ad aprile è sceso sotto il 7%, al 6,9%, un livello che non si vedeva dal 2008: in 1 mese, sempre secondo l’Ufficio di statistica, si sono aggiunti 88.000 occupati in più (di cui ben 62.000 donne). In un anno sono stati creati 516.000 nuovi posti di lavoro, di 444.000 a tempo indeterminato, mentre quelli a tempo indeterminato sono scesi, nello stesso periodo, di 82.000, con gli autonomi, invece, saliti di 154.000 unità.
Il tasso di occupazione è salito al 62,3%, il più alto di sempre. Rimane piuttosto marcata, peraltro, la differenza tra occupazione maschile e occupazione femminile: la prima si posiziona al 77,1%, mentre la seconda si ferma al 53,4%. Ad oggi siamo, nella totalità, a 23.975.000 occupati, di cui 15.940.000 a tempo indeterminato, 2.880.000 a tempo determinato e 5.160.000 autonomi.
Numeri che, evidentemente, danno, ad una prima lettura, una percezione piuttosto positiva sullo stato del nostro Paese. E, indubbiamente, almeno per quanto riguarda il mondo del lavoro è innegabile che i segnali che arrivano non possono che “aiutare il morale”. Ma, “scavando” un pochino vediamo che le cose da fare sono ancora molte (e questo lascia intendere quanti spazi di crescita abbia il nostro Paese).
Per esempio, è vero che il tasso di disoccupazione è ai minimi, ma se guardiamo alla media UE vediamo che siamo ben sopra: 6,9% vso 6 % (6,4% quella dell’area €). Il tasso di disoccupazione giovanile (età 15-24 anni) è anche questo ai livelli più bassi dal 2008 (20,2%): ma in Germania, per esempio, è al 5,8%. Dati che confermano che la dinamicità del mondo del lavoro riguarda soprattutto gli over 50 (tant’è vero che il 70% dei 516.000 nuovi occupati degli ultimi 12 mesi riguardano quella fascia di età).
Tema, quest’ultimo, che ci riporta alla drammatica crisi demografica in atto. Infatti, se il tasso di occupazione ha toccato livelli mai visti (il 62,3% di cui sopra), è anche perché la base di calcolo, negli ultimi anni, è in continua diminuzione, con una popolazione ormai scesa abbondantemente sotto i 60 ML (58,9 ML a fine 2023). E con una tendenza a diminuire che non accenna a fermarsi.
C’è, poi, l’aspetto reddituale. Un argomento che tocca temi qualitativi, mentre le percentuali sopra indicate riguardano argomenti più che altro quantitativi, da cui emerge un quadro indubbiamente più preoccupante.
Si assiste, infatti, ad un progressivo aumento delle famiglie povere, cresciute del 10% in 3 anni (da 2.021 ml a 2.235 ml); più o meno come la crescita dei poveri, passati da 5.317 ml a 5.752 ml. Ancora peggio va per i più giovani: nel nostro Paese ben 1 su 7 vive in condizioni di povertà assoluta, con 1 su 4 che vive in condizioni di deprivazione materiale.
Se guardiamo, invece, ai salari, l’Italia è al penultimo posto, tra i Paesi Ocse, per la ripresa dei salari reali. Elemento che può fornire una spiegazione del perché i consumi stentino così tanto: lavoro sì, ma lavoro “povero”, poco specializzato e scarsamente retribuito. Non è un caso, quindi, se il reddito procapite sia, in Italia, quello di oltre 20 anni fa, mentre nel resto dell’Europa, non solo in termini nominali, sia cresciuto, allargando il gap spesso alla doppia cifra.
Ieri sera nuova battuta di arresto per il mercato americano: il Dow Jones è arretrato dello 0,86%, il Nasdaq ha perso l’1,06%, lo S&P 500 lo 0,60%.
Questa mattina le borse asiatiche non sembrano risentirne, peraltro, più di tanto, sulla speranza che le Banche Centrali possano intervenire per “spingere” la crescita.
Il Nikkei di Tokyo si avvia a chiudere a + 1,15%. Sulla parità gli indici cinese, con Shanghai frazionalmente sotto (– 0,020%), mentre a Hong Kong l’Hang Seng fa segnare + 0,10%.
Futures postivi in Europa, poco mossi quelli americani.
Ancora in ribasso il petrolio: questa mattina il WTI passa di mano a $ 77,92, – 0,12%.
Gas naturale a $ 2,567, – 0,31%.
Oro stabile, a $ 2.367 (- 0,06%).
Spread a 128,9 bp, con il BTP sempre vicino al 4% (3,95%).
Bund a 2,65%.
Treasury a 4,54%.
Stabile l’€/$, a 1,0822.
Bitcoin sempre in area $ 68.000 (68.295).
Ps: in Italia, come detto, ci si sposa poco. Non così in altri Paesi. Tra questi l’India. Paese, si sa, dalle contraddizioni enormi, dove convivono decine (se non centinaia) di milioni di persone che vivono di stenti e individui tra i più ricchi al mondo. Tra questi i “rampolli” di 2 famiglie miliardarie (Ambani e Merchant), Anant Ambani e la di lui fidanzata, Radhika Merchant. Che per festeggiare il loro prossimo matrimonio, hanno deciso di fare il giro del mondo, invitando, qua e la, i personaggi più in vista. Domani faranno tappa a Portofino, che per l’occasione sarà, di fatto, “chiusa”. In Piazzetta potranno accedere solo i residenti e i 1.800 invitati. A intrattenerli non il solito “melodico napoletano”, ma un certo Andrea Bocelli.