Il principio dei vasi comunicanti è una delle leggi fisiche forse più conosciute. La sua scoperta risale al 1568, grazie al fisico fiammingo Simon Stevin (italianizzato in Stevino) e sancisce il principio secondo il quale un liquido contenuto in due o più contenitori comunicanti tra loro, in presenza di gravità, raggiunge lo stesso livello, originando un’unica superficie equipotenziale.
Il raffronto con i mercati finanziari può sembrare un azzardo pericoloso, ma è indubbio che non poche siano le analogie.
Come il liquido, nel momento in cui ha “libertà di movimento”, tende a cercare (spesso trovandolo) un “punto di equilibrio” (lo stesso livello), così i capitali si muovono da una parte all’altra del mondo, da un’area geografica all’altra, da un asset all’altro, da una valuta all’altra alla ricerca, anche loro, del “punto di equilibrio”. Un esercizio, rispetto alla legge fisica di Stevin, forse più difficile, viste le variabili in gioco e, in alcuni casi, la loro imprevedibilità (vd i “cigni neri” e similari).
Un ruolo assolutamente importante lo gioca la “globalizzazione”: nel momento in cui, con riferimento all’economia e all’industrializzazione, si sta tornando, dopo anni in cui la “salvezza” delle singole economie sembrava il processo di delocalizzazione, con lo spostamento nei Paesi dove i costi produttivi erano estremamente vantaggiosi, al “riportare a casa” (onshoring), o almeno a “riavvicinare” (nearshoring), dopo la tragica esperienza del Covid, gran parte dei processi, i mercati finanziari rimangono, probabilmente, l’unico grande esempio di globalizzazione, permettendo, per es, di comprare un titolo in Cina e rivenderlo negli Usa, piuttosto che indebitarsi in yen per investire in $ Usa.
Ecco, quindi, che quello che succede (o non succede) sul mercato americano, impattando l’andamento degli altri, influenza le scelte degli investitori di questa o di quell’altra parte del mondo.
Prendiamo, vista la sua attualità, la questione del taglio dei tassi. Ormai è pressochè certa la “divaricazione” tra la FED americana e la ns BCE, con la prima che ha allontanato, e non di poco, la decisione di ridurli, spostando il momento quasi certamente a dopo l’estate, mentre la seconda, vista la debolezza del ciclo economico dell’area UE, con giugno dovrebbe “inaugurare” la nuova stagione. Una scelta, in apparenza, piuttosto semplice e lineare. Ma qui si apre un nuovo “fronte”: di quale entità deve essere il taglio? Sarà sufficiente una semplice “limatura” o è più opportuno procedere in modo più “autorevole”? in altre parole, può bastare un taglio “simbolico” (0,25%), e poi fermare la discesa, o sarebbe meglio iniziare un percorso che può portare la discesa sino all’1% (o lì vicino) entro la fine dell’anno?
Ognuna delle 2 decisioni porta con sé alcuni rischi: una semplice limatura potrebbe rivelarsi insufficiente per rilanciare l’economia, aumentando il “gap” con quella Americana. Una scelta più “forte”, invece, potrebbe comportare, con buone probabilità di successo, una sostenuta ripresa economica. Aprirebbe il fianco, però, ad un grande rischio, vale a dire ad un rinvigorimento dell’inflazione, determinato da 2 fattori. Il primo, più diretto, grazie alla ripresa dei consumi di beni e servizi; l’altro più “insinuante”, ma non per questo meno pericoloso, legato alla accresciuta differenza tra i tassi di riferimento americani e quelli europei (oggi rispettivamente al 5.25/5.50% e 4,50/4,75% -4% invece sui depositi obbligatori c/o la BCE). Nel momento in cui il differenziale aumentasse ulteriormente, si verrebbe a creare uno squilibrio ancora più forte, che favorirebbe il flusso di capitali verso il $ (che negli ultimi 2 mesi ha già guadagnato, su queste prospettive, circa il 2,5% sull’€). Il rafforzamento del “biglietto verde” significherebbe “importare inflazione”, contribuendo ulteriormente a far salire i prezzi.
Ma i “vasi comunicanti” non si fermano qua. Se guardiamo, infatti, ai rendimenti obbligazionari (con particolare riguardo ai titoli governativi, treasury da una parte, bund tedeschi, oat francesi, btp italiani etc dall’altra) possiamo notare come, nelle ultime settimane, ci sia stata, da parte europea, una sorta di “emulazione” dei rendimenti americani. Il Tesoro Usa, come ormai è noto a tutti, è praticamente “obbligato” a tenere molto larghi i cordoni della spesa pubblica, visto l’anno elettorale, con un deficit pubblico la cui progressione sembra irrefrenabile (si parla, forse in maniera esagerata, di una percentuale ormai superiore all’8%): basti pensare che, nel 2° trimestre, le emissioni toccheranno i $ 243 MD, superando di $ 41 MD quanto già programmato, e nel 3° si prevede che supereranno addirittura gli 847 MD. Per sostenere una “ricerca” di capitali così elevata non potrà non tenere alti i rendimenti (non a caso oggi siamo intorno al 4.62%, mentre un paio di mesi fa si era vicini al 4% (4,07%); ecco, quindi, che anche sulle nostre sponde si assiste ad un movimento analogo, con il rendimento del ns BTP decennale che, nell’ultima asta di collocamento, ha visto il proprio rendimento salire di 19 bp, al 4,86%.
Oggi ultima giornata borsistica del mese di aprile.
Ieri sera chiusure positive per Wall Street (Dow Jones + 0,38%, Nasdaq + 0,36%, S&P 500 + 0,32%).
Riapre la borsa di Tokyo, e lo fa con il Nikkei in rialzo dell’1,24% circa, crescita che non impedisce una chiusura del mese negativa (circa – 5%).
Perde forza, in questi minuti, a Hong Kong, l’Hang Seng, per quanto si mantenga in territorio positivo (+ 0,10%, rialzo del mese + 7,5%).
Frazionalmente negativa Shanghai (- 0,12%): su questi livelli, il mese di chiuderebbe con un rialzo del 2,2%.
Bene anche, a Seul, il Kospi (+ 1,6%) e, a Mumbai, il Sensex (+ 0,4%).
Futures poco mossi ovunque.
Leggero passo indietro per il petrolio (WTI $ 82,46, – 0,31% questa mattina).
Supera i $ 2 il gas naturale Usa (2,06, + 1,33%).
Oro a $ 2.332, – 1,17%.
Spread a 128,1 bp, con il BTP a 3.83%.
Bund a 2,53%.
Treasury a 4,61%, dal 4,66%.
Torna a rafforzarsi il $, con l’€/$ a 1,0694.
Bitcoin che rimane in area $ 63.000 (63.388).
Ps: a Sandurski, in Ohio, è situato il Cedar Point, probabilmente uno dei parchi giochi più importanti degli USA. Ieri è stato inaugurato il Top Thrill 2, le montagne russe più alte e più veloci del mondo. Si tratta di una struttura alta ben 128 mt, in grado di toccare i 193 km orari, oltre a 3 lanci adrenalinici, ciascuno con 3 “airtime” (la sensazione di assenza di gravità) e, per finire, il lancio all’indietro più veloce del mondo. Insomma, no cardiopatici, please. A produrre il “giochino”, costato 2 anni di lavoro, un’azienda italiana: la vicentina Zamperla.