“Clamoroso al Cibali!”.
Molti ricorderanno la celebre espressione, diventata quasi un “cult”, attribuita (anche se non esiste una prova certa) al radiocronista Sandro Ciotti, che la utilizzò, durante Tutto il calcio minuto per minuto (all’epoca il campionato di calcio lo si seguiva così: chi non ricorda, la domenica pomeriggio, molti appassionati che camminavano, magari con moglie e figli, con la radiolina appiccicata all’orecchio…). La locuzione era riferita alla vittoria del Catania, neopromossa in serie A (il Cibali era lo stadio di Catania), contro l’Inter (favoritissima) nel Campionato 60/61, terminata 2-0 per i padroni di casa.
Un’espressione che ormai fa parte del giornalismo, diventata una metafora che sta ad indicare, anche al di fuori dell’ambito sportivo, un risultato a sorpresa e contro tutti i pronostici.
Un po’ quello che è successo ieri con le due aste di BTP a 7 e 30 anni.
Dopo un mese di dicembre piuttosto “scarico” di emissioni (era già stato fatto il “pieno” nei mesi precedenti), la giornata di ieri ha inaugurato il 2024. Un anno alquanto impegnativo, in termini di fabbisogno, e non solo per il nostro Paese. Si calcola, infatti, che ammonti a ben € 1.245 MD la necessità di raccolta da parte dei Paesi membri UE: si va dai nostri 340-360 MD (UBS stima € 346 MD, che fanno seguito ai 344 dell’anno scorso), la Germania 275 MD, la Francia 295, la Spagna 164, e così via. Numeri impegnativi, a maggior ragione nel momento in cui la BCE non partecipa più agli acquisti, vista la decisione, presa da tempo, di annullare il QE (l’acquisto, cioè, di titoli governativi), ma, anzi, “riverserà” sul mercato, mese dopo mese, parte di titoli a suo tempo acquistati. Se limitiamo lo sguardo all’Italia, nel 2024 arriveranno a scadenza € 265 MD di BTP, a cui si dovranno aggiungere altri titoli (per es. i CCT) a medio termine, oltre alla necessità di “aggiungere” debito per finanziare le attività indicate nella Legge di Bilancio. E dal computo sono esclusi i titoli a breve (BOT). Senza contare che l’esposizione sarebbe ancora maggiore se non ci fosse il PNRR, che porterà “fieno in cascina” grazie all’incasso delle nuove rate.
Ma torniamo alla giornata di ieri.
Come detto, il Tesoro aveva in programma il lancio di 2 nuovi BTP, uno a 7 anni, l’altro a 30.
A fronte, rispettivamente, di un collocamento di € 10 MD e di € 5 MD, sono arrivate richieste nel primo caso pari a € 73 MD, nel secondo di 82 MD. Cioè, contro i 15 collocati, ne sono stati richiesti 155 MD. Clamoroso, appunto (per la cronaca, anche altri Paesi hanno visto un risultato simile: il Belgio, per es, a fronte di 7 MD collocati, ha ricevuto richieste per 72, la Gran Bretagna, su 2,25 MD di sterline collocati, 8 MD di richieste).
Un risultato, il nostro, per niente scontato, che ci fornisce alcune chiavi di lettura.
La prima (che, peraltro, vale un po’ per tutta Europa): essendo i tassi visti in ribasso, oggi si assiste ad una “corsa” per assicurarsi livelli di interesse che nei prossimi mesi/anni non saranno più possibili (l’emissione a 7 anni è avvenuta con un rendimento del 3,548% annuo, quella a 30 al 4,515%).
In secondo luogo, aspetto per noi piuttosto rilevante, nonostante le varie “magagne” (debito elevato, bassa crescita, interrogativi politici), il nostro Paese è considerato dalla business community sufficientemente solido e affidabile, sia nel medio che nel lungo termine. Un giudizio che, sotto certi aspetti, va oltre quello delle varie società di rating, sempre piuttosto caute nei nostri confronti.
Terzo, i rendimenti offerti dal nostro debito risultano essere ben più attrattivi di quelli offerti da altri Paesi, come conferma lo spread. Il nostro, infatti, ieri era a 167 bp, contro i 97 bp della Spagna, i 113 bp della Grecia, addirittura i 75 bp del Portogallo. Paesi, sotto molti aspetti, simili a noi, ma con piani di crescita e di contenimento della spesa evidentemente ritenuti più efficaci dei nostri. Il che, dall’altra parte, si presta anche ad una lettura meno positiva: la motivazione più forte, che spinge molti investitori stranieri a comprare “Italia”, più che la “bontà” deli nostri programmi di politica economica, è il “maggior rendimento” che siamo costretti ad offrire per attrarre gli operatori. Un costo che si ripercuote, ovviamente, sui nostri conti, se è vero che, salvo una riduzione del costo del denaro più rapida e maggiore di quanto stimato, porterà, nel 2026, a doverci fare carico di un “fardello” di circa € 100 MD solo alla voce “interessi sul debito” (tra il 4 e il 5% del PIL…).
Ieri giornata senza particolare scosse a Wall Street, con il Dow Jones in leggero ribasso (ancora penalizzato dai titoli delle compagnie aeree), mentre il Nasdaq ha dato segni di stabilità (+ 0,17%).
Questa mattina, forte accelerazione a Tokyo del Nikkei, che cresce di oltre il 2%, toccando nuovi massimi di lungo periodo.
Ancora sottotono i mercati Great China: a Hong Kong l’Hang Seng scende dello 0,51%, più o meno lo stesso livello di Shanghai (- 0,54%).
In leggero rialzo la borsa indiana, mentre chiude in ribasso (– 0,5%) Seul.
Intorno alla parità, un po’ su tutti i mercati, i futures.
Nuovamente in recupero il petrolio, con il WTI a $ 72,57 (+ 0,36%).
Ieri il gas naturale Usa ha superato i $ 3, anche se stamattina è in calo del 3,79% ($ 3,074).
Oro a $ 2.037.
Spread in calo, questa mattina, a 164,9 bp, grazie anche al successo delle aste di cui sopra.
BTP al 3,84%.
Bund che sale al 2,18%.
Treasury Usa al 4,01%, stesso livello del giorno precedente.
€/$ a 1,094.
in ritracciamento il bitcoin, che scende a $ 45.835.
Ps: fra i tanti Paesi in cui quest’anno si vota, c’è il Buthan. Senz’altro non è tra quelli a cui guardiamo con attenzione (per non dire ansia), in grado di cambiare le sorti di mezzo mondo (ha 780.000 abitanti). Le elezioni si sono svolte nei giorni scorsi, riconfermando la precedente compagine politica. La cosa che particolarizza questo microscopico paese, abbarbicato nella catena dell’Himalaya, è il fatto che da circa 15 anni utilizza il “tasso di felicità interna lorda” per valutare il livello di benessere dei propri cittadini. Che, tuttavia, non deve essere particolarmente positivo, se è vero che la disoccupazione giovanile supera il 30% e oltre 15.000 persone (circa il 2% della popolazione) hanno lasciato, l’anno scorso, il Paese.