Pochi giorni ci separano dalla fine dell’anno: comincia, quindi, la stagione dei consuntivi e, forse ancor di più, quella delle previsioni per l’anno che sta per arrivare.
Dopo lo “shock” del 2022, anno, per i mercati finanziari, tra i più difficili di sempre, con tutte le asset class (ad eccezione delle materie energetiche) in “profondo rosso”, con perdite, nella maggior parte dei casi, superiori alle 2 cifre, l’anno che sta per finire ci ha riservato qualche sorpresa positiva, seppur con qualche pausa, in concomitanza con l’uscita di dati macro che sembravano mettere in discussione la forza della crescita economica globale. I principali mercati azionari si apprestano a chiudere l’anno con rialzi che vanno dal + 43% del Nasdaq, al + 27% di Tokyo, al + 23% dello S&P 500, al + 26% del nostro MIB; sono rimasti, invece, in rosso i listini cinesi, con Shanghai in calo, a ieri, di circa il 6% e l’Hang Seng, a Hong Kong, del 17%.
Altrettanto bene, fatte le debite, proporzioni, si può dire che sia andata per i mercati obbligazionari: dopo aver sofferto nella prima parte dell’anno, quando le Banche Centrali hanno continuato il loro rigore, abbiamo assistito, nella seconda, ad un deciso recupero, che, dalla fine di ottobre, ha avuto un’accelerazione, non ancora terminata, che ha portato le quotazioni dei titoli obbligazionari, su tutte le durate e i livelli di rating (quindi dall’investment grade agli high yeld), a recuperi evidenti, con una discesa dei rendimenti particolarmente vivace, con il Bund sceso, in 2 mesi, dal 3% al 2% e il nostro BTP dal 5% al 3,52%.
Se guardiamo ai mercati azionari, 2 sono stati quelli che hanno regalato le maggiori soddisfazioni agli investitori (anche se andrebbero fatti dei distinguo tra un mercato e l’altro): quello tecnologico e le banche. Due settori che, per ragioni diverse, hanno beneficiato della particolare “stagione dei tassi”.
Le banche (se escludiamo quelle USA, che, come molti ricorderanno, nella primavera scorsa hanno vissuto una fase difficile, dovuta alla crisi di alcune banche “regionali”, vittime di investimenti e previsioni sbagliati) sono state molto avvantaggiate dal “caro tassi”, che ha gonfiato i loro bilanci: la loro attività “core”, prestare denaro, è tornata ad essere piuttosto profittevole, aggiungendosi alle altre poste di bilancio che negli ultimi anni di “vacche magre” (tassi a zero) avevano comunque permesso di superare momenti meno favorevoli (e quindi commissioni di negoziazione, banca-assicurazione, risparmio gestito). Difficile che l’anno che sta per iniziare possa riconfermare i risultati quasi eccezionali dell’anno in corso, viste le previsioni che cominciano a girare in merito alla riduzione dei tassi.
Altrettanto bene, se non meglio, sono andate le cose per quanto concerne la tecnologia. Le motivazioni, in fondo sono le stesse: è sempre una questione di “costo del denaro”. Con una differenza, però, non da poco: mentre il settore bancario ha “goduto” del “presente” (il rialzo avvenuto a partire dall’anno scorso e durato sino a settembre), la tecnologia vive (come ovvio) “di futuro”. Si sa che il settore costringe a cospicui e continui investimento: abbiamo, quindi, gran parte delle società fortemente indebitate e, al momento, poco (o nulla) profittevoli, con margini assenti. Ecco, quindi, che l’aumento dei tassi (o il previsto aumento) porta ad un ulteriore aggravio di costi, con oneri finanziari alle stelle, allontanando il momento del tanto sospirato utile. Al contrario, l’interruzione, prima, del rialzo e la conseguente (anche se futura) riduzione produce l’effetto contrario: oneri che scendono e previsioni di utili anticipate. Da qui la corsa agli acquisti per i titoli che compongono quell’indice, non a caso il più performante dell’anno.
Qui, peraltro, sarebbe necessario aprire una parentesi, neanche così piccolo. I mercati, soprattutto quelli americani, soffrono di un’anomali unica, mai vista prima d’ora. Abbiamo 7 società (Apple, Microsoft, Google Alphabet, Amazon, Nvidia, Tesla e Meta) che da sole valgono il 50% del Nasdaq 100 e il 30% dello S&P 500. E non finisce qui: sempre le stesse società valgono i primi 5 listini azionari al mondo (escludendo quello statunitense). Se sommiamo, infatti, gli indici di Giappone, Germania, Francia, Regno Unito e Cina, arriviamo a capitalizzare circa $ 12.000 MD, più o meno quanto le “7 sorelle”: Apple vale circa $ 3.000 MD, Microsoft $ 2.800 MD, Google $ 1.800 MD, Amazon $ 1.600 MD, Nvidia $ 1.200 MD, Tesla $ 800 MD, Meta $ 560 MD, pe un totale di $ 11.760 MD. Un contributo che fa si che la borsa americana valga, da sola, circa 3 volte tutti gli altri mercati mondiali messi insieme (altra anomalia).
Tantissime, come possiamo immaginare, sarebbero le riflessioni da fare. Ci limitiamo ad una: difficile pensare che, sino a quando le cose saranno queste, che gli USA non continueranno ad essere la prima potenza mondiale economica. A cui è strettamente collegato il “peso politico” e quello “militare”, e quindi la loro capacità di “influenza” nell’equilibrio del mondo.
Mentre da noi continuavano i festeggiamenti natalizi, in giro per il mondo le attività finanziarie non conoscevano tregua.
Ieri ennesima giornata positiva per i mercati americani, con il Nasdaq che ha chiuso a + 0,60%, seguito dal Dow Jones (+ 0,43%) e dallo S&P 500 (+ 0,42%).
Altrettanto, se non di più, positivo l’andamento, questa mattina, per i mercati asiatici: a Tokyo il Nikkei si appresta a chiudere a + 1,13%, mentre a Hong Kong l’Hang Seng si avvicina al + 2% (+ 1,87%). Più “lenta” la borsa di Shanghai, che , al momento, fa segnare + 0,54%.
Tutti positivi i futures, con quelli europei più vivaci rispetto a quelli Usa, ad indicare aperture tra lo 0,30 e lo 0,50%.
In ripresa il petrolio, con il WTI a $ 75,52.
Gas naturale Usa a $ 2,494 (+ 2,89%).
Oro ad un passo dai massimi ($ 2.077, + 0,26%).
Spread a 157,5 bp, per un BTP al 3,52%.
Bund a 1,98%.
Treasury a 3,87%.
€/$ a 1,104.
Bitcoin a $ 42.486.
Ps: dunque la NASA ha deciso che la foto che meglio rappresenta, quest’anno, Natale, è quella scattata da un fotografo italiano (Vittorio Minato, nato a Biella). La foto (a dire il vero quasi incredibile) è stata scattata il 15 dicembre alle 18,52 e raffigura la Basilica di Superga, illuminata, con sullo sfondo l’ombra del Monviso, illuminata dalla luna alle sue spalle, in un allineamento perfetto. La domanda è: ma perché è proprio la NASA a decidere qual è la foto più “natalizia”?