Così come la nostra quotidianità è un susseguirsi di “routine”, inframmezzata da novità che, nella maggior parte dei casi, non vanno a modificare il nostro “equilibrio” di vita, non assumendo caratteri “disruptive”, cioè di “rottura”, in grado di generare un cambiamento profondo alla nostra vita, così si potrebbe dire per le “leggi” che regolano l’economia. Certamente, a guardare gli ultimi anni (basta pensare a quello che è capitato dal 2020 in poi, con una sequenza di fatti quelli sì assolutamente disruptive), verrebbe da pensare il contrario: raramente si è assistito ad eventi così dirompenti in tempi così ravvicinati, alcuni dei quali assolutamente nuovi, e quindi senza alcun tipo di riferimento.
Ma, oggi, a ben guardare, tutto, seppur a fatica, sembra essere “incanalato” verso la direzione sperata. Merito da una parte della “velocità” degli interventi da parte di chi è preposto al “governo” dell’economia, dall’altra, forse ancor di più, alla capacità di “adeguarsi” al cambiamento da parte degli individui.
In diverse parti del mondo, a partire dagli Stati Uniti, si è tornati sui livelli pre-pandemia e, laddove questo non si è ancora ottenuto (vedi l’Europa), oramai si è molto vicini.
L’inflazione, per quanto dovremo abituarci al fatto che ben difficilmente, in un futuro prossimo, torneremo a zero (fermo restando che buona parte dei problemi che ci siamo trovati ad affrontare recentemente probabilmente sono derivati anche da quello, confermando ancora una volta, che ciò che, in alcuni momenti, è percepito come un bene, in altri si scopre non esserlo fino in fondo), sembra destinata ad essere sconfitta, portandosi, mese dopo mese, verso il “porto sicuro” del 2% (ma anche se fosse il 2,5% non sarebbe più un problema: come esiste un “debito buono” (Draghi dixit), così esiste “un’inflazione buona”, quella che deriva da una crescita che genera un benessere diffuso e, quindi, un aumento dei consumi che, a sua volta, conferma una fiducia nel futuro da parte delle famiglie).
Guardando alle vicende geo-politiche, vediamo che gli “incendi” non solo non si propagano, ma, lentamente, vengono contenuti. Per quanto riguarda il fronte ucraino, l’intervento, seppur in remoto, da parte di Putin al G20 dell’altro giorno (è la prima “apparizione” al di fuori dei “Paesi amici” da parte del leader russo), sembra essere la conferma della volontà di trovare un accordo. In medio-oriente, il “pressing” americano su Israele sta cominciando a dare i suoi frutti: presto per dire che la soluzione è stata trovata (guardando alla storia, l’ipotesi che si trovi una soluzione definitiva è molto difficile), ma, comunque, anche qui la tanto temuta escalation non c’è stata ed il coinvolgimento nel conflitto di altri Paesi arabi è stato evitato.
A livello europeo, si fa strada l’idea che i governi degli Stati membri abbiano compreso che rimanere attaccati alle vecchie regole può portare nella direzione opposta rispetto agli obiettivi che hanno portato alla nascita della UE. E quindi si stiano affrettando per recuperare il tempo perduto.
Una strada, peraltro, irta di ostacoli (basti pensare al debito pubblico, ormai “il problema” per molti Stati, dopo le politiche fiscali espansive degli ultimi anni, da cui rientrare diventa ogni giorno più difficile e che può essere veramente la “mina vagante” sulla strada della stabilizzazione): motivo in più per definire nuove regole e indurre a comportamenti “virtuosi” da parte degli individui. Pensiamo, neanche troppo banalmente, ai benefici dell’economia circolare: per esempio, ieri è stato inaugurato, a Mirafiori, un nuovo stabilimento di Stellantis (la joint venture tra FIAT e Peugeot) che permetterà il recupero quasi totale delle auto usate, che verranno o rigenerate, e rimesse in vendita, ovvero smontate, con vendita “certificata” dei singoli pezzi, a prezzi, ovviamente, ben inferiori.
Dopo la festività di ieri, riapre oggi Wall Street, per quanto, probabilmente, con un’operatività ridotta per il ponte.
Nell’ultima seduta della settimana, i mercati asiatici faticano a trovare un equilibrio.
In rialzo a Tokyo il Nikkei, che sale dello 0,52%, probabilmente aiutato dal fatto che sono emerse previsioni di un’economia in rallentamento, cosa che indurrà la Banca Centrale a perseverare nelle politiche accomodanti.
Scende Shanghai (- 0,68%), superata, però, da Hong Kong, dove l’Hang Seng perde oltre l’1,84%.
Poco ossi ovunque i futures.
Continua la debolezza del petrolio, con il WTI in calo anche questa mattina (– 0,91% a $ 76,47).
Inverte la rotta il gas naturale Usa, che si porta a $ 2,913 (+ 0,35%).
Oro a $ 1.994, sui livelli di ieri.
Spread poco sopra i 175 bp (175,6), con i BTP tornati al 4,38%.
Bund tedesco 2,61%. A preoccupare un pochino gli operatori la decisione del Governo tedesco di aumentare il debito pubblico per far fronte alla sentenza della Corte Costituzionale che ha messo fuori legge alcune voci di spesa, non consentendo il trsaferimento di fondi per € 60MD.
Treasury al 4,45%.
Stabile l’€/$, a 1.0911.
Bitcoin che si avvia a chiudere la settimana ben sopra i $ 37.000 (37.423 le ultime rilevazioni).
Ps: intelligenza artificiale, capitolo secondo. Emergono ulteriori dettagli sulla schizofrenica decisioni di prima allontanare e poi richiamare Sam Altman, co-fondatore e CEO di OpenAI. Pare che tutto derivi dal fatto che volesse mettere un “freno” alla “sua creatura”, preoccupato dal fatto che potesse nascere una super intelligenza artificiale (intelligenza generale, AGI), in grado di ragionare e contestualizzare. Teoricamente capace, quindi, di superare l’uomo in ogni ambito. Un super potere davvero pericoloso, in grado di scelte autonome, che sfuggono al controllo di chi l’ha creato. Il mondo fantastico di Blade runner non è più così fantastico e comincia a fare un po’ di paura.