Gli occhi del mondo sono sempre puntati sul Medio Oriente. E’ atteso, infatti, da un giorno all’altro, l’attacco via terra di Israele alla striscia di Gaza.
L’obiettivo dichiarato è annientare Hamas, il nucleo terroristico artefice del drammatico attacco di sabato. Come quasi sempre succede, però, la guerra fa vedere il suo lato peggiore (fermo restando che i lati positivi, se ce ne fossero, sono di difficile individuazione).
La striscia di Gaza è una delle aree più densamente popolate al mondo: in poche centinaia di km2 si accalcano circa 2,5ML di abitanti, di cui oltre la metà ragazzi e bambini con età inferiore ai 15 anni. In questi giorni, l’insediamento palestinese, totalmente dipendente da Israele per le forniture energetiche, è privo di luce, acqua e gas, i generi alimentari e di prima necessità che faticano non poco ad arrivare (dall’Egitto), con la popolazione privata delle più essenziali ed elementari forme di vita dignitosa, impossibilitata a sfuggire dalle distruzioni e dai bombardamenti (l’unica “via di fuga”, il check point di Rafah, al confine con l’Egitto, al momento è chiuso, per volontà delle autorità di quel Paese). Di fatto, quindi, un’intera popolazione che vive un doppio ostaggio: del nucleo terrorista (per quanto eletto, anche se non si sa esattamente con quali modalità, dalla stessa popolazione che abita quella striscia di terra) e di Israele. L’attacco ormai è certo; rimane da definirne la potenza e la violenza, ma il timore, stando alle dichiarazioni del Premier Netanyahu, è che sarà senza precedenti per quei territori. Da qui le preoccupazioni internazionali, con il rischio che si aprano nuovi fronti di guerra, soprattutto verso il Libano e, ancor di più, con l’Iran (ritenuto il principale sponsor dei terroristi di Hamas).
Se gli occhi del mondo sono rivolti verso Israele, non sembrano esserlo, almeno per il momento, quelli dei mercati.
Dopo le più che comprensibili incertezze (peraltro piuttosto modeste) di lunedì, in questi 2 giorni sembra scomparsa, da parte degli investitori, qualsiasi forma di avversione al rischio: le borse hanno iniziato a correre, gli spread a restringersi, gli asset più difensivi (vd l’oro) sono stati “messi in un cassetto”. A dominare la scena, più che le vicende geo-politiche, quindi, sono valutazioni puramente macro-economiche e, soprattutto, monetarie.
Nonostante le autorità monetarie, con in testa FED e BCE, continuino ad ammonire sulla necessità di un ulteriore, significativo calo dell’inflazione e quindi a tratteggiare scenari ancora non così limpidi, si è fatta largo la convinzione, tra gli analisti e gli osservatori, che i tassi abbiano praticamente raggiunto il picco (pivot), mentre si ritiene che potrebbero rimane su questi livelli per un periodo un po’ più lungo del previsto. Evidentemente i mercati cominciano a “prezzare” uno scenario che, per quanto non sia quello ottimale, che si manifesterebbe se si assistesse ad una discesa più rapida, non è neanche quello peggiore, tratteggiato da tassi ancora in rialzo e con lo spettro recessivo dietro l’angolo.
Come i dati del FMI confermano, l’hard landing viene ritenuto sempre più lontano, con l’economia globale destinata ad una crescita comunque più che dignitosa (2,9% nel 2024), per quanto con distinzioni evidenti tra le diverse aree. Se si dovesse dare un “peso” ai fattori di incertezza, probabilmente oggi la situazione cinese, con un’economia che stenta a rivitalizzarsi, grava di più delle situazioni geo-politiche. La guerra in Ucraina sembra quasi diventata “un’abitudine”, come dimostra il fatto che sia quasi scomparsa dalle prime pagine dei giornali; quanto sta succedendo in Israele, gravissimo in termini umanitari e di “libera convivenza”, viene giudicato (dai mercati) quasi alla stregua di un conflitto locale, con conseguenze modeste da un punto di vista economico (vd prezzi dei prodotti petroliferi).
Nuova giornata all’insegna del rialzo per le piazze asiatiche.
A guidare la corsa l’Hang Seng di Hong Kong, che si appresta a chiudere con un rialzo superiore al 2%.
Piuttosto bene, a Tokyo, il Nikkei (+ 1.75%). Si avvicina all’1% (0,91%) Shanghai: il Fondo Sovrano di quel Paese, dopo 7 anni, pare abbia ripreso a comprare azioni di gruppi bancari. Si pensa, quindi, che possa iniziare una nuova fase di sostegno per i mercati azionari locali (oggi più o meno sui valori di inizio anno, ma in realtà in calo da diversi mesi dopo la forte crescita di gennaio e febbraio).
Bene anche le altre borse dell’area.
Futures positivi un po’ ovunque, con rialzi comunque entro il mezzo punto.
Nuovi cali per il petrolio: il WTI tratta, questa mattina, a $ 82,99, in calo dello 0,71% (ieri – 2,9%).
Gas naturale Usa $ 3,374, – 0,27%.
Oro in ripresa, in avvicinamento a $ 1.900 (1.893, + 0,22% questa mattina).
Spread in ulteriore calo: questa mattina riparte da 191 bp (ma ieri era sceso anche sotto i 190 bp), nonostante i dubbi di Fitch sulla nuova Legge Finanziaria e la tenuta della nostra economia (ma il ministro Giorgetti si dice convinto della bontà delle nostre misure, che, una volta presentate nella loro interezza, faranno cambiare idea ai detrattori).
BTP al 4,65%.
Bund tedesco a 2,71%
Ulteriore calo del rendimento del Treasury Usa, a 4,57% (ieri era a 4,64%).
€/$ a 1,0639.
Bitcoin che cerca di “rompere” di nuovo la soglia dei $ 27.000, ma che per il momento si ferma a $ 26.893.
Ps: ancora un trionfo per “Re Carlo”. Questa volta, però, non di carattere sportivo. L’Università di Parma, infatti, gli ha conferito la Laurea Honoris causa in Scienze motorie. Dopo aver vinto 4 Champions e almeno un titolo nei 5 maggiori campionati europei forse il titolo più inaspettato (anche perché, diversamente dagli altri, non cercato). Ormai anche lui rientra nelle “eccellenze italiane”, un po’ come il food o il fashion….