Per il 2° anno consecutivo il nostro Paese ha un ritmo di crescita superiore alla media dell’Eurozona e della Germania. Dopo il sorprendente + 3.8% del 2023, quest’anno il nostro PIL è proiettato verso il + 1,2%, superiore alle stime di poche settimane fa. A livello di Eurozona, il 2022 si è fermato al + 3,5%, mentre per l’anno in corso le previsioni sono di arrivare ad un + 0,9%. Lontanissima la Germania, l’economia che forse ha pagato il prezzo più alto per il conflitto ucraino, in considerazione di legami piuttosto stretti con la Russia: nel 2022 la ricchezza è cresciuta di un modesto 1,9%, ma quest’anno le cose andranno ancora peggio, venendo considerato già un successo il fatto che il Paese esca dalla recessione “tecnica” in cui si è venuto a trovare negli ultimi 2 trimestri. Per completezza di informazione, l’economia globale, dopo il + 3,3% del 2022, quest’anno crescerà del 2,7%, trascinata dalle economie emergenti (India in testa, con un + 6%, con la Cina a fare quasi da comprimaria, al + 5,4%). Modestissimo il contributo degli Usa, al + 1.6% quest’anno, ma destinato a ridursi al + 1% l’anno prossimo.
A vedere il bicchiere “mezzo pieno” un risultato che non fa che convalidare la permanenza dell’Italia tra le 7 economie più forti al mondo e il suo ruolo fondamentale nella UE.
Guardando invece al “mezzo vuoto”, viene da chiedersi dove potremmo essere se fossimo in grado di mettere un po’ di ordine al mare di contraddizioni in cui nuotiamo e risolvessimo le “patologie” di cui soffriamo: da un’evasione fiscale che ci rende più simili ad un Paese del terzo mondo al divario quasi abissale tra le regioni del Nord e quelle meridionali, ad una disoccupazione giovanile che in alcune regioni supera il 35% ad una crisi demografica che, se non viene risolta, potrebbe portare, da qui al 2050, a “privarsi” di € 520 MD nel 2062, per non parlare delle difficoltà che stiamo incontrando sul PNRR, un’opportunità unica per l’ammodernamento del Paese, con € 200 MD da spendere entro il 2026, un vero e proprio “piano Marshall”.
Evidenze che non possono che smorzare l’ottimismo per i buoni risultati di cui sopra, dando corpo ad un diffuso senso di precarietà ed incertezza per il futuro.
Né aiuta il vedere che, nonostante da mesi la spirale dei prezzi si sia arrestata, l’inflazione rimane ancora a livelli elevati, diventando la vera “tassa occulta” con cui fare i conti: questa, forse, la vera preoccupazione che ci accompagna dopo dopo giorno, come confermano i dati di Confcommercio, secondo cui rispetto al 2019 i consumi delle famiglie italiane sono diminuiti di oltre € 20 MD all’anno.
L’enorme successo del collocamento del BTP Valore (ieri sono stati raggiunti quasi € 15 MD, record assoluto per le emissioni dedicate ai risparmiatori privati, con altri 150.000 contratti che si sono aggiunti ai circa 370.000 dei primi 2 giorni) forse è l’ulteriore conferma del particolare momento che stiamo vivendo: attraverso la sottoscrizione della nuova tipologia di titoli offerta dal Tesoro, le famiglie italiane è come se cercassero una tutela dei propri risparmi, ottenendo, dall’altra parte, un ulteriore reddito che le protegga. Nella convinzione che mai il nostro Paese “tradirà” la loro fiducia.
Ieri sera chiusure deboli per gli indici americani, a partire dal Nasdaq, in calo dell’1,75% (peraltro il rialzo dall’inizio dell’anno è superiore al 23%).
Di conseguenza questa mattina gli indici asiatici ne “replicano” l’umore.
A Tokyo, nonostante i buoni dati macro (il PIL giapponese, nel 1° trimestre, è cresciuto del 2,7%, ben oltre le attese dell’1,6%), l’indice Nikkei scende dello 0,86%.
Sulla parità a Hong Kong l’Hang Seng, mentre Shanghai, dopo l’iniziale debolezza, si è portata in territorio positivo (+ 0,40%).
Futures in flessione ovunque, con l’Europa al momento più esposta alle vendite (cali nell’ordine dello 0,30-0,40%).
Petrolio poco mosso, con il WTI a $ 72,47.
Gas naturale Usa a $ 2,318 (- 0,64%).
Oro sempre in area $ 1.960 (1.957,80).
Spread che è tornato a superare i 180 bp (181,3), con il BTP che i è portato al 4,27%.
In rialzo il rendimento anche del bund tedesco, al 2,45%.
Treasury Usa al 3,79%.
€/$ a 1,071.
Bitcoin sempre “schiacciato” dalle vicende di alcune piattaforme (Binance, Coinbase), a $ 26.313.
Ps: e quindi l’Arabia Saudita sempre più vuole diventare la nuova “patria” del calcio. Dopo Cristiano Ronaldo, ingaggiato qualche mese fa per “pochi spiccioli” (€ 200 ML all’anno), è la volta di Karim Benzema, per 14 anni centravanti del Real Madrid, anche lui “accasato” a Riad per $ 400 ML per 2 anni. E con lui un altro campione della Premier League inglese, N’Golo Kantè (però per “soli” $ 100 ML). L’obiettivo è chiaro: ottenere l’organizzazione dei mondiali di calcio del 2030. Cercando di evitare che i vari stadi che verranno costruiti per l’occasione (con investimenti miliardari) diventino nuove cattedrali nel deserto.