Non poteva esserci commiato migliore per Ignazio Visco, da 12 anni Governatore Bankitalia (praticamente impossibile riceva il 3° mandato), che ieri ha tenuto le sue ultime Considerazioni Finali, di fatto una “fotografia” non solo sullo stato di salute dell’Italia, ma anche un’analisi delle sfide che ci attendono.
Proprio ieri, infatti, sono stati resi noti i dati su crescita e inflazione, con sorprese piuttosto positive.
Per quanto riguarda il primo aspetto, in termini tendenziali (il raffronto con lo stesso periodo dell’anno precedente) il PIL del 1° trimestre è cresciuto dell’1,9%, ben più di quanto siano cresciute, per es, Francia (+ 0,8%) e Germania (addirittura in negativo per lo 0,2%), o gli stessi Stati Uniti, cresciuti dell’1,6%. A livello UE la crescita è stata dell’1,3%.
Il risultato ottenuto fa si che la crescita “acquisita” (quella che “ci portiamo a casa” quest’anno, anche se da qui in avanti le cose non cambiassero) è pari allo 0,9%, mentre la crescita tendenziale è superiore a quanto stimato solo un mese fa dall’Istat, che prevedeva un + 1,8%. Se proprio vogliamo trovare qualche “ombra”, va sottolineato che il contributo arriva sostanzialmente dai servizi, in primis ricettività e ristorazione, grazie al fatto che “il mondo è tornato in movimento”, con l’Italia tra le mete più richieste, nonché i consumi. Fatica, invece, l’attività produttiva, con la manifattura in calo da 3 mesi, e con lei l’export, una delle voci più importanti per la nostra economia.
Buona notizie anche sul lato dell’inflazione.
A maggio, infatti, l’aumento dei prezzi si è fermato al 7,6% rispetto a 12 mesi fa, in calo rispetto all’8,2% di aprile, favorito dal forte calo dei prezzi dell’energia.
Rimane invece piuttosto elevato il “carrello della spesa”, vale a dire l’indice formato dai beni alimentari, comprese le bevande analcoliche, nonché dai prodotti per la cura della persona e della casa, che ha fatto registrare anche a maggio un rialzo a 2 cifre, pari all’11,3%, in calo di pochissimi decimali rispetto all’ultima rilevazione.
Anche in altri Paesi l’inflazione sembra dare segnali di minor incisività: la Germania si è portata al 6,3% (ad aprile era al 7,6%). In Francia, invece, si né passati al 6% dal 6,9% di aprile.
Oggi sono attesi i dati dell’area EU, che dovrebbero confermare una tendenza ormai delineata. Al di là dell’impatto sul potere di acquisto, il risultato potrebbe essere determinante per gli effetti sulla politica monetaria della BCE, che a breve sarà chiamata nuovamente ad esprimersi sulla strada del rigore, confermando un nuovo ritocco piuttosto che decidere un rallentamento.
Andando oltre i confini europei, se ieri le notizie provenienti dalla Cina avevano trasmesso più di una preoccupazione, con gli indici asiatici in forte ribasso, la “nottata” sembra riportare un po’ di serenità. Per esempio, l’indice manufatturiero PMI di Caixin, relativo alle aziende cinesi di medio-grandi dimensioni, è tornato sopra i 50 punti, portandosi a 50,9 rispetto ai 49,5 previsti dagli analisti.
Negli Usa, invece, i posti di lavoro “liberi” sono tornati oltre i 10 milioni contro attese di 9,4ML. Un dato quindi che conferma con l’economia americana continui ad essere dinamica, nonostante le strette monetarie messe in atto dalla FED; la qual cosa, evidentemente, si presta ad una lettura negativa per quanto riguarda la politica monetaria, che potrebbe spingere la FED a non considerare conclusa la strada iniziata circa 1 anno e mezzo fa.
Notizie positive arrivano invece dal Giappone, con l’indice manufatturiero ai massimi da 7 mesi, tornato sopra i 50 punti (50,6) anche nel Paese del Sol levante.
La giornata di ieri non è stata di certo tra quelle da ricordare, con tutti gli indici in rosso.
Le pesanti chiusure negative asiatiche erano state il presagio di cadute anche per gli indici europei, tutti in calo tra 1,50 e 2%; meglio Wall Street, per quanto anche gli indici abbiano chiuso in territorio negativo.
Oggi le cose sembrano andare un po’ meglio.
A Tokyo il Nikkei sale dello 0,84%. Appena sopra la parità gli indici great China, con Shanghai e Hong Kong intorno a + 0,10%.
Futures positivi ovunque, con rialzi che in Europa superano lo 0,50%.
Giornata di ieri ancora difficile per il petrolio, che questa mattina cerca il recupero, con il WTI che guadagna lo 0,53%, portandosi a $ 68,52.
Gas naturale Usa a $ 2,272, sui livelli di ieri.
Oro a $ 1.979,50, – 0,22%.
Spread a 178,6, per un rendimento del BTP al 4,10%.
Treasury al 3,67%, appena sopra la chiusura di ieri.
$ sugli “scudi”, a 1,068 vso €.
Bitcoin che sembra non sapere da che parte andare, continuando nel suo saliscendi intorno ai $ 27.000.
Ps: il rallentamento economico della Cina lo si può leggere non solo da un PIL che fatica a mantenere il passo di altre economie dell’area (vd l’India), ma anche da altri indicatori. Uno di questi è il lavoro giovanile. Scopriamo che anche quel Paese è alle prese con una disoccupazione giovanile piuttosto elevata: si calcola che il 20,4% dei giovani in età compresa tra i 16 e i 24 anni sia senza lavoro (in Cina quest’anno sfioreranno i 12 ML….). Una situazione non semplice, tanto che lo stesso Presidente Xi Jinping ha sentito il dovere di dire la sua. In un suo intervento, ha detto che è arrivato il momento, per i giovani cinesi, di “imparare a mangiare l’amarezza”. Un modo di dire molto in uso da quelle parti per dire che bisogna perseverare di fronte alle difficoltà della vita, senza troppe lamentele e traendo insegnamento, se non soddisfazione, dalle sofferenze. Ma non è che si sta parlando di “bamboccioni”….?