Il sisma che un paio di settimane fa ha colpito la faglia tettonica al confine tra la Turchia e la Siria ha assunto dimensioni bibliche anche per il fatto che la maggior parte delle costruzioni è stata edificata senza il rispetto delle norme antisismiche. Difficile resistere ad una potenza distruttiva equivalente a quella, così è stato calcolato, di circa 1000 bombe atomiche (come quella sganciata su Hiroshima), ma l’utilizzo di alcuni criteri avrebbe certamente limitato i danni e ancor più le vittime.
Parafrasando le forze della natura, si può dire che il mondo viva su una faglia: quella del debito, intendendo per tale la sommatoria del debito pubblico, delle famiglie e delle imprese. Una cifra che si può, a ragione, definire “mostruosa”, pari al 338% del PIL globale: ogni $ 1000 di reddito prodotto ne esistono 3.338 di debito. Numeri che rendono altamente improbabile, se non impossibile, un suo ripianamento.
Complessivamente il suo ammontare, alla data del 31/12/2022, è pari a circa $ 300.000 MD (per la precisione 299.000): dal 2006 la sua corsa è sta praticamente inarrestabile, essendo di fatto raddoppiato (era a $ 145.000 MD). Distinguendo per aree geografiche, si nota che, pur essendo aumentato ovunque in termini assoluti, in termini percentuali è diminuito nei Paesi sviluppati, è aumentato leggermente negli Usa, mentre è letteralmente esploso nei Paesi emergenti (nella maggior parte dei casi è espresso in $) e in Cina. Magra consolazione il fatto che sia, nel 2022, diminuito di $ 4.000 MD (più o meno l’equivalente dello stock globale del debito italiano, pari a circa $ 6.000 MD), passando dai $ 303.000 MD del 2021 ai 299.000 MD di cui sopra. Una diminuzione che non riguarda, come detto i Paesi emergenti, in cui è arrivato a sfiorare i $ 100.000 MD, aree in cui, però, come noto, il reddito è molto inferiore a quello dei Paesi sviluppati. Il che, in alcuni Paesi, rende la situazione particolarmente pericolosa (è di pochi mesi fa il default, per esempio, dello Sri Lanka). Rischio reso ancora più evidente dall’aumento dei tassi, che ha portato il costo del debito a livelli quasi insostenibili per quelle economie (senza contare il peso del cambio, vista la prevalente denominazione in $ Usa).
Paradossalmente, l’estrema “rischiosità” della situazione, vero punto di debolezza, può diventare il punto di forza che ne garantisce la tenuta. In altre parole, gli interventi delle Banche Centrali, soprattutto quelle di “riferimento” (FED, BCE, Bank of Japan, etc), possono essere considerati i criteri “antisismici” a protezione del sistema monetario. L’esperienza della crisi della Lehman Brothers di 15 anni fa (una sorta di “shanghai”, in cui la caduta di una bacchetta ha provocato il crollo del sistema) indubbiamente ha portato gli “attori” ad assumere comportamenti e a darsi regole che ne garantiscono una maggior tenuta (pensiamo, per esempio, al sistema bancario, che oggi deve rispondere a livelli di patrimonializzazione impensabili all’epoca). Certamente le stesse Banche Centrali, con le loro politiche ultra-espansive, sono state le prime artefici della corsa del debito. Motivo per cui, oggi, di fronte a scenari macro profondamente mutati, pur intervenendo con decisione, sono molto attente a non provocare “scosse” che potrebbero essere devastanti per chi non ha “fondamenta” ben piantate sulla roccia. Un dibattito che continua da mesi e che continuerà almeno sino a quando non si avrà certezza del risultato (la sconfitta dell’inflazione e un’economia in crescita).
Di sicuro difficilmente, in un contesto simile, il sistema economico-monetario potrà reggersi senza una presenza sempre più “invasiva” degli organismi monetari e governativi. Interventi come il QE (quantitative easing, l’acquisto di titoli) o il suo opposto QT (quantitative tightening, la vendita degli stessi titoli in precedenza acquistati), per citare i 2 forse più noti, sono ormai entrati a far parte della “cassetta degli attrezzi”, pronti ad essere usati alla prima occasione. Senza contare l’eccezionalità di alcune misure fiscali da parte dei Governi (vd PNRR in Europa o il piano IRA, acronimo di Inflation Reduction Act, negli USA), fondamentali per il rilancio e la stabilizzazione dei vari Paesi, di fatto altro debito “perpetual”.
Intanto, il “qui e ora” è fatto di nuovi aumenti dei tassi: ormai certo il prossimo, il 2 marzo, dello 0,50% da parte della BCE, nonché altri dello 0,25% cadauno da parte della FED. Guardandoli in ottica positiva, ulteriori interventi “antisismici” per proteggere il sistema. E se il “sistema” (monetario) tiene, è molto probabile che terrà anche l’economia. E con lei i mercati, al di là di alcuni scossoni, come quelli a cui stiamo assistendo in questi giorni.
Borse asiatiche appena negative questa mattina. Chiusa Tokyo per festività, Shanghai si tiene appena sotto la parità (– 0,10%), mentre Hong Kong è in calo dello 0,25%. In rialzo a Seul il Kospi (+ 1%), mentre è appena positiva l’apertura di Mumbai.
Futures in rialzo: più sostenuti quelli americani, con il tecnologico vicino all’1%, mentre lo S&P si aggira intorno al + 0,50%. Bene anche l’Europa, anche se su livelli inferiori (Eurostoxx + 0,30%).
Ieri giornata difficile per il petrolio, in calo di circa il 3%: questa mattina arrivano segnali di stabilizzazione, con il WTI a $ 74,22, + 0,27%.
Recupera il gas naturale Usa, che torna sopra i $ 2 (2,32).
In risalita anche quello europeo allo snodo di Amsterdam, comunque ancora sotto € 50 (49,35).
Oro a $ 1.838, – 0,28%.
Spread a 193,2 bp, con il BTP sui livelli di ieri (4,45%).
Bund a 2,51%.
Treasury Usa a 3,91%, poco mosso.
€/$ a 1,0614, con il $ in leggero rafforzamento.
Bitcoin che lancia segnali di forza, riportandosi a $ 24.400.
Ps: il telescopio spaziale James Webb, lanciato nel 2021, in grado di scrutare l’Universo, ha “scovato” 6 galassie così vecchie che non dovrebbero neanche esistere. La potenza di Webb è praticamente infinita, riuscendo ad andare indietro nel tempo fino a 13,5 miliardi di anni, vale a dire circa 2 ML di anni dopo la formazione dell’Universo. La scoperta pare abbia, per gli scienziati, un valore incredibile, arrivando a mettere in discussione alcune teorie sulla formazione delle galassie, e quindi forse anche dell’Universo. Infatti, pare che le 6 galassie appena scoperte fossero già “mature” come la nostra Via Lattea quando l’Universo aveva appena il 3% della sua età attuale, circa 500-700 ML di anni dopo il Big Bang. Bazzeccole.