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Direttore: Alessandro Plateroti

La battaglia del grano

bambini

Da sempre le guerre non si combattono solo sul terreno. Se ciò era vero quando la “comunicazione” viaggiava più lentamente, lo è ancor di più oggi, in un’epoca in cui i media e ancor di più, forse, i social condizionano la nostra vita. A cui, si aggiunge, ovviamente, in situazioni simili, la “propaganda”, le informazioni che vengono pilotate dai vari schieramenti ad uso e consumo di una o dell’altra fazione.

Ecco, quindi, che da una parte leggiamo che sembrerebbe in linea di arrivo un accordo tra Russia e Ucraina, mediato dalla Turchia, per mettere nuovamente l’esportazione del grano (si parla di oltre 20ML di tonnellate di raccolto fermo nei silos intorno a Odessa) verso l’Europa e verso tutti quei Paesi poveri dove il rischio di crisi umanitarie si fa ogni giorni più grave. Peraltro, rimangono, da parte del Governo ucraino, molti dubbi, 2 su tutti: il primo è che Mosca possa utilizzare l’accordo per chiedere un allentamento delle sanzioni (che qualche problemino a Putin, sul fronte interno, stanno iniziando a crearlo); il secondo, forse quello più importante, è che la Russia usi “i corridoi” (dopo che la Marina Militare turca ha provveduto allo sminamento del porto di Odessa e delle acque limitrofe) per poi attaccare il principale sbocco del Paese sul Mar Nero.

Dall’altra, invece, quasi da contraltare, l’amministrazione Biden mette in guardia i Paesi importatori dal comprare il grano russo in quanto sarebbe stato sottratto all’Ucraina: si parla di 500.000 tonnellate, per un valore di almeno $ 100ML. Quantitativi e valori, in assoluto, non così determinanti, ma che comunque lasciano intendere che da parte di Mosca può iniziare la “sottrazione” di un bene fondamentale per l’Ucraina.

Che il conflitto si possa trasformare in una “guerra di logoramento” diventa un’ipotesi ogni giorno più plausibile. Lo conferma il fatto che, dopo che i russi sembrano aver conquistato una città (vedi Severodonetsk), gli ucraini reagiscono, facendo arretrare il nemico. Una situazione che avvalorerebbe il fatto che l’esercito russo, a scarso di uomini e mezzi, non sarebbe in grado di controllare il territorio: la tattica, quindi, sarebbe quella di distruggere il più possibile le città ucraine, per poi, un volta quasi rase al suolo, lasciarle al nemico.

Un ruolo importante, peraltro, potrebbe giocarlo la resistenza ucraina, con una sorta di lotta “partigiana” sempre più diffusa nei terreni conquistati.

Rimane comunque il dubbio fondato che, da parte di Putin, sia in atto un preciso disegno politico, teso da una parte ad “alzare la posta in gioco” a livello diplomatico (con minacce sempre più forti ai Paesi Nato o a quelli, come la Finlandia o la Svezia che stanno per entrare nell’Alleanza Atlantica), dall’altra quasi a “destabilizzare” il Nord Africa, facendo scattare nuovi flussi migratori verso l’Europa, e il Medio Oriente, una polveriera pronta ad esplodere all’accendersi delle prime tensioni sociali.

Senza dimenticare le materie prime energetiche.

Forse appunto pensando alle difficoltà a cui sta andando incontro l’Europa Biden ha deciso di togliere il bando ad un altro Paese “nemico” degli USA: da ieri, infatti, l’Eni (e con lei anche altre società petrolifere, come Chevron o Repsol) possono nuovamente comprare petrolio dal Venezuela (insieme a Cuba e Nicaragua comunque ancora esclusi dal vertice delle Americhe in corso di svolgimento a Las Vegas). Una sorta di “amici mai”, ma neanche “nemici per sempre”, a conferma che ogni cosa ha un prezzo…

Dopo le chiusure positive di Wall Street di ieri sera (anche se lontane dai massimi), questa mattina troviamo gli indici asiatici quasi “imbalsamati”, con Nikkei e Shanghai appena positivi, mentre Hong Kong è di segno opposto. Proseguendo nel “revisionismo monetario”, la Banca Centrale Australiana ha aumentato i tassi dello 0,50%, portandoli allo 0,85% vso lo 0,60% atteso dagli analisti.

Futures ovunque con il segno meno, con ribassi tra lo 0,50% e l’1%.

Petrolio che anche questa mattina mostra segnali di forza, con il WTI oramai sulla soglia dei $ 120 (119.47, + 0,7%).

“Galoppa” il gas naturale, i cui prezzi superano abbondantemente i $ 9 (9,379, in rialzo anche questa mattina dello 0,47%).

Oro in leggero arretramento, a $ 1.844 (- 0,08%).

Spread a 210 bp: ieri, dopo aver toccato i 222 bp, è sceso sotto i 210 bp sulle voci che la BCE sta studiando delle misure per evitare una eccessiva “frammentazione”, cioè quotazioni molto differenti tra i vari Paesi (per esempio, tra Italia e Spagna il differenziale è pari  a circa 95 bp, con il Paese iberico che paga “solo” 115 bp verso il bund tedesco:il motivo, ricordiamolo, è sempre quello, vale a dire il peso enorme del nostro debito pubblico, che mette a rischio non solo la stabilità dei conti, ma la nostra ripresa). Rendimento del BTP sempre tra il 3,30 e il 3,40%.

Supera il 3% anche il treasury, che tocca il 3,05%, livello massimo da 1 mese a questa parte.

Riprende il rafforzamento del $, che questa mattina fa segnare 1,0688 verso €.

In caduta il bitcoin: questa mattina torna sotto i $ 30.000 (29.500), in un’altalena di prezzi che conferma l’elevata volatilità delle criptovalute, da molti messe in discussione per la mancanza di un vero “sottostante” reale.

Ps: è morto ieri Gianni Clerici, uno dei più grandi esperti di tennis (oltre ad essere stato un discreto giocatore professionista, avendo partecipato anche al torneo di Wimbledon). Definirlo “giornalista” (con tutto il rispetto della categoria) è molto riduttivo: forse la miglior definizione è quella di Eugenio Scalfari, che quando, nel 1988, lo prese per La Repubblica, disse di lui: “ma questo è un letterato, non un giornalista sportivo”. E in effetti la sua cultura era sconfinata, anche se per molti era (e rimarrà) lo “scriba”, come lui stesso amava definirsi.

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ultimo aggiornamento: 7 Giugno 2022 9:03

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