Per vedere il rendimento del Bund a 10 anni positivo bisogna andare indietro di quasi 3 anni, al maggio 2019.
Ieri era sostanzialmente sulla parità (ad un certo punto un impercettibile – 0,0075%, per poi chiudere ad un comunque modestissimo – 0.02%). Il movimento, ovviamente, non è arrivato da solo: in USA il treasury oramai viaggia spedito verso il 2% (ieri 1,84%), con il 2 anni oltre l’1%. Da noi il BTP ieri rendeva l’1,39%, con aspettative a 1.60% (fatti salvi movimenti imprevisti, comunque possibili i considerazione della peculiarità della nostra situazione politica e della precarietà dei nostri conti), mentre i Bonos spagnoli erano allo 0,67% circa.
Le dinamiche in corso lasciano intravedere un “appiattimento della curva”: così, in gergo, si definisce il movimento dei tassi che vede un rialzo dei tassi maggiore sulle scadenze brevi rispetto a quelle più lunghe. Una sorta di “inversione termica”: di solito al salire dell’altitudine le temperature diminuiscono, ma ci sono fasi climatiche in cui, paradossalmente, succede il contrario, per cui magari a 2000 mt di altezza troviamo temperature più miti rispetto alla pianura padana. Così nel mondo del debito: in situazioni normali, i rendimenti a “lungo” sono superiori a quelli a breve, premiando la normale maggior incertezza del medio-lungo termine rispetto ad una presunta “view” più chiara nel breve periodo.
Questa, appunto, è una di quelle fasi: è opinione diffusa che l’elevata inflazione sia ormai vicina al picco e che, a breve, dovremmo iniziare a vedere un’inversione di tendenza, anche se è evidente che sarà impossibile, almeno per quest’anno, vederla nuovamente, almeno negli USA, rientrare al “livello di guardia” del 2%. Va un po’ meglio in Europa, visto che qui partiamo da un livello più basso (5% vso il 7% in USA). Ecco spiegato il motivo per cui, percentualmente, il rialzo dei rendimenti “a breve” è maggiore verso quelli a 10 anni e oltre. A spingere ulteriormente il rialzo nel breve è anche l’atteggiamento della FED americana, non tanto per gli annunciati (almeno 3 quest’anno) aumenti dei tassi, quanto per il fatto che lascerà scadere i bond acquistati negli ultimi anni, che, come noto, hanno fatto crescere il suo bilancio alla cifra record di $ 8.800 MD, senza rinnovarli, consentendo, quindi, in questo modo di riportarlo nell’alveo di numeri inferiori. L’equivalente, pertanto, a “vendere” titoli.
Una situazione che, come stiamo osservando in questi giorni, provoca un certo nervosismo sul mercato, con gli indici mondiali toccati da una forte volatilità; ma, se è vero che il rialzo (dei tassi) è più evidente nel breve, non è detto che le turbolenze siano destinate a durare, anche se, come già detto, è difficile aspettarsi dai mercati andamenti lineari come quelli a cui abbiamo assistito dopo la caduta seguita all’arrivo della pandemia.
Indici asiatici deboli, come prevedibile, comunque con valori ben diversi. Se Tokyo, molto “sensibile” a Wall Street (ieri il Nasdaq ha ceduto il 2,6%, il Dow 1,51%, S&P 500 – 1,84%) questa mattina lascia sul terreno il 2,80%, Shanghai è appena negativa (– 0,33%). Ancor meglio fa Hong Kong, che perde un marginale 0,19%, aiutata dall’andamento positivo del settore immobiliare.
Futures al momento nuovamente negativi, con cali diffusi.
Petrolio ancora in rialzo, con il WTI che si rafforza a $ 85,39. L’esplosione, avvenuta nella notte, dell’oleodotto che collega l’Iraq con la Turchia, potrebbe provocare nuove tensioni sui prezzi.
Gas naturale a $ 4,262.
Stabile, invece, l’oro, a $ 1.813.
Spread a 140,80: l’avvicinarsi della 1° tornata di votazioni (24 gennaio) del Presidente della Repubblica, con i partiti ancora alla ricerca di una scelta condivisa, che sottintende scenari non facili, non fa che indebolire il nostro BTP, ormai all’1,40%.
€/$ a 1,1342, con il $ che si rafforza ancora vso €.
Ancora in discesa il bitcoin, che “scala” ulteriormente verso i $ 41.000 (- 1,85%).
Ps: Microsoft ha deciso di comprare Activision Blizzard, società leader nel settore dei videogiochi. Un “giochino” da $ 68,7 MD, tutti in contanti. In questo modo la società fondata da Bill Gates vuole contendere il primato alla Sony, regina del mercato con la play station (Activision Blizzard è famosa per giochi come Call of duty e Word of Warcraft. Peraltro, non è detto che riuscirà nel suo intento, dovendo prima superare l’esame dell’antitrust americano (di certo non una passeggiata di salute). E comunque, visti i valori in campo, l’operazione dovrebbe concludersi nel 2023.