Il capitale umano è per qualsiasi realtà imprenditoriale il vero motore del business. Può rappresentare infatti il suo successo e costituisce, certamente, una delle variabili di costo più importanti per il bilancio aziendale.
Il costo del personale è infatti l’insieme dei costi sostenuti dal datore di lavoro per la gestione della propria manodopera aziendale. Si tratta quindi non solo della remunerazione del dipendente, ma di tutti gli altri costi accessori che il nostro ordinamento ha previsto e che concorrono a rendere il costo del personale uno dei costi più elevati che un’azienda deve fronteggiare e considerare nei propri bilanci.
Quando ci si riferisce al costo del personale è riduttivo pensare infatti alla sola retribuzione lorda.
Le voci di costo che concorrono a formare la spesa totale.
Dal punto di vista contabile il costo del personale si compone di più elementi: dalla retribuzione ai contributi previdenziali e assicurativi e dall’accantonamento del TFR agli accantonamenti per quiescenza o simili.
Il datore di lavoro per l’INPS e per l’Erario viene considerato pertanto un sostituto d’imposta e deve il versamento delle imposte entro il 16esimo giorno del mese successivo al pagamento dello stipendio.
Ogni anno inoltre, il 28 febbraio, deve effettuare il conguaglio dell’anno precedente delle ritenute IRPEF. Certificando tramite la CU (Certificazione Unica) al dipendente l’ammontare dei valori corrisposti, delle ritenute operate, delle detrazioni di imposta effettuate e dei contributi previdenziali e assistenziali.
Il costo del personale è rappresentato dai costi diretti del lavoro, ovvero i costi di produzione, e dai costi indiretti. Sintetizzando, il costo diretto è riferibile agli stipendi, invece le voci indirette riguardano gli elementi non strettamente legati alla produzione (es. fondi di previdenza, contributi previdenziali, etc).
Come ridurre il costo del personale.
Quando si adduce alla possibilità di ridurre il costo del personale si è soliti pensare alla drastica soluzione di eliminare parte dell’organico, il che effettivamente influisce sui conti del business, ma al contempo impoverisce l’azienda dei suoi talenti e delle sue risorse. Per fortuna, però, esistono strategie alternative.
Il welfare aziendale è infatti uno degli strumenti più importanti per ridurre il costo del lavoro e non solo: ridurre il cuneo fiscale (la differenza tra stipendio netto e lordo del lavoratore).
Le misure di welfare, essendo presenti nella maggior parte dei contratti collettivi, sono infatti deducibili dalle tasse. Vediamo insieme quelle più diffuse:
- fringe benefit. Compensi in natura accessori come ad esempio i buoni pasto, l’auto aziendale, il telefono aziendale, etc.
- flexible benefit. Compensi complementari alla retribuzione esenti da tasse.Es: fondi pensione complementari, rimborsi spese, assicurazione sanitaria integrativa
- convertire il premio in denaro del lavoratore in servizi di welfare
- accantonare le ore di lavoro straordinario e trasformarle in permessi aggiuntivi. In questo modo al lavoratore si garantisce maggior flessibilità oraria e il datore di lavoro risparmia sul costo del lavoro
- favorire la formazione dei lavoratori. I costi di formazione sono detraibili dalle tasse e le attività di formaziione contribuiscono ad aumentare le skill dei dipendenti e dell’azienda in generale.
Oltre al welfare è altrettanto importante considerare l’ipotesi di usufruire delle agevolazioni fiscali. I datori di lavoro che hanno infatti intenzione di ampliare il proprio organico possono ottenere degli sgravi contributivi a seguito dell’assunzione di lavoratori che rispettano determinati requisiti (giovani fino a 36 anni di età, donne disoccupate, lavoratori over 50, etc).
Esistono quindi opzioni vantaggiose che escludono il licenziamento e, al contrario, perorano la causa dell’azienda di progredire e strutturarsi grazie soprattutto all’implementazione di scelte oculate a favore del personale aziendale.